ATENE (WSI) – Il parlamento di Atene si appresta a macchiarsi le mani di sangue.
Governo e opposizione non hanno molta scelta. Con le spalle al muro, stasera i deputati finiranno per dire si all’implementazione delle riforme e il nuovo rigore chiesti dai creditori, andando contro al volere del popolo che si era espresso molto chiaramente nel referendum di dieci giorni fa.
Allo stesso tempo il tempo stringe e c’è la possibilità che i lavori in parlamento slittino, superando la mezzanotte senza il via libera agli interventi di austerity. Le commissioni parlamentari hanno passato le riforme, ma la presidente della Camera ed esponente dell’ala radicale di Syriza, Zoì Kostantopoulou, sta facendo ostruzionismo dopo aver confermato l’intenzione di votare contro il pacchetto. Pacchetto che la vice ministro delle Finanze Valavani ha giudicato un’umiliazione inaccettabile per la Grecia, motivo per il quale ha rassegnato le sue dimissioni.
Il 61% dei votanti ha detto di essere d’accordo con il no di Tsipras alle nuove misure di austerity proposte dai creditori in cambio di un terzo pacchetto di finanziamenti.
Il piano è stato giudicato da tutti gli economisti pieno di difetti. Per Marc Ostwald di ADM Investor Services è proprio “contrario al buon senso”. La stessa Commissione Ue ha espresso “seri dubbi sulla sostenibilità del debito greco” per via degli alti rapporti del debito/Pil e del bisogno di finanziamenti.
Anche i nuovi sforzi della popolazione, che viene da cinque anni di grave crisi, potrebbero non bastare. L’Fmi avverte che 85 miliardi di aiuti rischiano di essere insufficienti e che bisognerà apportare un taglio del debito molto più massiccio di quello contemplato finora dall’Eurogruppo.
Anche se venisse concesso, superando l’opposizione di cechi, britannici, svedesi e danesi, il prestito ponte via fondo EFSM (soldi Ue) sarebbe del valore di 7 miliardi di euro, decisamente inferiore ai 12 miliardi di cui Atene avrà bisogno nelle prossime quattro settimane. Il resto dipende nella rapidità dell’implementazione del piano di salvataggio.
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Se le autorità del blocco a 19 vogliono allungare le scadenze del debito, allora dovranno concedere un periodo di grazia lunghissimo, di 30 anni circa. Altrimenti bisognerebbe ridurre drasticamente la portata del debito da 320 miliardi, che rischia di salire al 200% del Pil.
Su questo punto, però, la Germania e i paesi più intransigenti e virtuosi dell’Eurozona non sembrano propensi a fare alunco sconto.
(DaC)