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Tra neanche un anno sarà di nuovo pericolo Grexit

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NEW YORK (WSI) – Per la maggior parte degli analisti il pericolo di un’uscita dall’area euro della Grecia tornerà di attualità tra 6-18 mesi.

Il 71% dei 34 economisti interpellati da Bloomberg stima che c’è ancora il pericolo che entro la fine del 2016 Atene sia costretta ad abbandonare il Blocco della moneta unica.

La metà del campione è convinto che i soldi che la Grecia riceverà con il terzo pacchetto di aiuti, 86 miliardi, si riveleranno presto troppo esigui. Il bailout, secondo il 71% degli intervistati, consentirà insomma al governo di restare a galla finanziariamente per tutto il 2015 e una parte del 2016. Ma non oltre.

Gli economisti, inoltre, nutrono forti dubbi sulle capacità della Grecia di implementare il programma triennale di riforme necessarie per ricevere il sostegno finanziario. Del resto la storia lo insegna: anche in occasione dei primi due salvataggi Atene non è riusicta ad adottare le misure richieste nei tempi e modi previsti. Tanto che nel 2012 i creditori hanno dovuto concedere un alleggerimento del debito. Stavolta ci vorrebbe proprio un taglio netto, secondo il Fondo Monetario Internazionale, oppure un periodo di grazia di 30 anni.

Vista la situazione dell’economia greca, che viene da cinque anni di austerity e ora ne dovrà sopportare almeno altri tre, non soprende che Bce e Fmi chiedano una ristrutturazione del debito da circa 320 miliardi.

Un altro punto interrogativo riguarda la possibilità che la Grecia riesca a raccogliere i 50 miliardi previsti dalle privatizzazioni di asset come il porto di Pireo. Anche in questo caso i precedenti non sono buoni, visto che anche il precedente Premier Papadreou aveva fissato lo stesso obiettivo finanziario ricavandone pochi “spiccioli”.

Intanto l’economia è in ginocchio. Un quarto delle aziende va all’estero. I controlli di capitale imposti dal governo greco stanno pesando sulle aziende greche.

Un rapporto di Endeavour Greece dice che due terzi degli interpellati ha registrato un “calo significativo del fatturato”. Una società su nove è costretta a interrompere la produzione a causa della carenza di materiali di base (non in grado di comprare per via dei controlli di capitale).

Non stupisce quindi che un quarto delle imprese (il 23%) stia valutando seriamente la possibilità di “trasferire la sede all’estero per motivi di sicurezza, di flussi di cassa e di stabilità”.

(DaC)