MILANO (WSI) – Piazza Affari in apnea, dollaro sotto pressione mentre metalli preziosi e obbligazionario in rialzo. Per le Borse europee è la perdita più pesante delle ultime due settimane. Questo lo scenario generale sui mercati dopo la nuova mossa della banca centrale cinese.
L’indice di riferimento italiano Ftse Mib scende -2,96% a quota 22.997,55 punti. Tra i titoli peggiori Autogrill -4,44%, Azimut -3,99%, FCA sospesa per eccesso di ribasso poi in calo -6,53%, Buzzi Unicem -4,42%, Moncler -3,88%, Ferragamo -4,59%, Luxottica -4,95%, Prysmian -5%, Stm -4%, Yoox -4,37%, Tod’s -3,23%. Tra le banche Mps -4,79%, Bper -3,42%, Intesa -3,46%, Unicredit -3,24%.
Nel resto dell’Europa Francoforte e Parigi cedono -3,2% e -3,5% circa.
Sul mercato dei titoli di stato, spread BTP-Bund a 10 anni +3,41% a 117,67 punti base; tassi BTP +0,64% all’1,78%, tassi Bund -4,33% allo 0,60%.
Caos sui mercati dopo la decisione della Cina di svalutare lo yuan per la seconda giornata consecutiva. Secondo le ultime indiscrezioni, poi, sembra che Pechino abbia iniziato a intervenire per comprare yuan. Arriva anche la notizia di una conferenza stampa che sarà tenuta domani dalla People’s Bank of China.
Sui mercati c’è già qualcuno che teme un terzo intervento per svalutare la moneta cinese. Société Générale lancia l’allarme deflazione dall’Asia all’Occidente e illustra un quadro caratterizzato da recessione e da una crisi finanziaria della portata simile di quella del 2008.
Sul valutario, l’euro attorno a quota $1,12, balza +1,39% a $1,1196, con il dollaro che testa il minimo in un mese, dallo scorso 13 luglio. Dollaro/yen -1% a JPY 123,88. Euro/yen +0,39% a JPY 138,70; euro/sterlina +0,97% a GBP 0,7160. Euro/franco svizzero -0,44% a CHF 1,0864.
Con i timori sulla crisi in Cina e le svalutazioni dello yuan, si smorzano le attese di un rialzo dei tassi da parte della Fed, già nel mese di settembre. Gli acquisti sui bond Usa, UK e sui Bund si traducono in un crollo dei rendimenti, con i tassi sui Bund a due anni, già negativi, che scivolano a nuovi minimi record.
Bagno di sangue tra le valute emergenti. Stephen Jen, ex economista dell’Fmi che ha fondato l’hedge fund con sede a Londra SLJ Macro Partners LLP, prevede che la svalutazione dello yuan scatenerà una guerra valutaria, che potrebbe portare monete come il real brasiliano e la rupia indonesiana a crollare in media tra il 30% e il 50% nei prossimi nove mesi.
L’esperto avverte di tenere sotto osservazione l’America Latina, visti gli elevati livelli dei debiti corporate. Jen ha predetto la crisi asiatica del 1997, quando era strategist di Morgan Stanley. E raccomanda ora di vendere il real, la rupia, il rand sudafricano, e tutte le valute dei paesi esportatori di materie prime, che dipendono dalla Cina. Da segnalare che l’indice delle commodities stilato da Bloomberg è crollato -11% dalla metà dell’anno, scontando il peggior rallentamento cinese dal 1990.
Ormai il rallentamento dell’economia cinese preoccupa più della crisi del debito greco, in particolare dopo che ieri i creditori e Atene hanno trovato un accordo di massima per lo sblocco del terzo piano di aiuti per il paese in cinque anni.
La produzione industriale, le vendite al dettaglio e gli investimenti di capitale fisso della Cina hanno tutti deluso le aspettative in luglio. Il tutto mentre la fiducia cala e i flussi di capitali sono in uscita.
La decisione a sorpresa della Cina di svalutare lo yuan per un secondo giorno di fila ha stravolto i mercati asiatici, in particolare in quei paesi che fanno grande affidamento sulle esportazioni verso la Cina. La valuta cinese ha perso circa il 3,5% nelle ultime due sedute.
La mossa della banca centrale cinese ha l’obiettivo di lasciare che i player del mercato giochino un ruolo più importante nello stabilire i tassi di cambio sul Forex. Se le altre potenze del continente asiatico dovessero rispondere con il fuoco alla guerra valutaria lanciata dalla Cina, l’Asia potrebbe trovarsi ingolfata.
In ambito macro italiano, in giugno sono calate le esportazioni mentre le importazioni hanno fatto un balzo del 4,3% rispetto a maggio. Il valore dell’export ha subito una lieve flessione rispetto al mese precedente (-0,6%).
Tra le materie prime, i futures sul petrolio Usa, dopo la perdita pesante di ieri di anche il 4%, recuperano +0,49% a $43,29 al barile. Brent +0,92% a $49,63. L’oro sfiora i massimi di un mese a $1.123,40 con +1,42%, mentre l’argento ha rotto al rialzo un livello tecnico importante, la media mobile a 50 giorni. Spinto dalla debolezza della valuta americana, argento +1,58% a $15,53.
(DaC-Lna)