Sistemi pensionistici al collasso. “I migranti non sono il problema, ma la soluzione”
ROMA (WSI) – Vengono considerati spesso il problema principale dell’Eurozona, diventando la questione numero uno che i movimenti di estrema destra in slogan all’insegna del populismo. Degli ultimi giorni è il patetico scontro tra il premier Matteo Renzi – che ha parlato di differenza tra esseri umani e bestie, riferendosi a chi accoglie i migranti e chi alimenta la paura – e il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha definito Renzi un “verme”.
E mentre la destra e la sinistra di tutta Europa trovano l’ennesimo motivo per accapigliarsi, gli economisti emanano il loro verdetto.
In particolare Leonid Bershidsky scrive un articolo su Bloomberg in cui, prima di tutto, sottolinea che “il problema dei migranti” o “la crisi dei rifugiati” rappresentano un fenomeno che molti europei non hanno ancora capito. Non esiste, infatti, né un problema, né una crisi: esiste la soluzione del problema. Che sono proprio loro, i migranti.
Non c’entrano niente, nell’analisi dell’economista, lo spirito cristiano o caritatevole, in generale. Bershidsky motiva la sua teoria con i fatti, attingendo alle stime elaborate da Eurostat. Stime che confermano quella che è la vera tragedia europea: l’invecchiamento progressivo della popolazione. Un grafico di Eurostat mostra a tal proposito la quota stimata – rispetto al totale della popolazione – di chi ha o avrà un’età pari o superiore ai 65 anni nel 2015, nel 2020, nel 2030, nel 2040 e nel 2050.
Risultato: “entro il 2050, il 28% della popolazione dell’Unione europea avrà raggiunto l’età pensionabile – o più probabilmente si sarà avvicinata a essa -, dal momento che sicuramente il problema di come finanziarie le pensioni avrà costretto da tempo le diverse nazioni a posticipare il momento in cui si potrà smettere di lavorare.
Secondo il report sull’invecchiamento della popolazione che la Commissione europea ha stilato per il 2015, il rapporto che misura la dipendenza degli ultra 65enni rispetto a chi è economicamente attivo – dunque il gruppo a cui appartengono coloro che hanno una età compresa tra 15 e 64 anni”, aumenterà entro il 2060 dal 27,8% al 50,1%. E questo significa che ci saranno appena due lavoratori potenziali per pensionato, in calo dai quasi quattro attuali”.
Di fatto: “l’invecchiamento della popolazione riduce -0,2% dal Pil europeo, ogni anno, ma non è ancora diventato una crisi totale; lo diventerà quando i sistemi pensionistici diventeranno insostenibili”.
Ora, “per mantenere costante il ratio attuale dei pensionati rispetto alla popolazione generale, l’Europa ha bisogno che la sua popolazione più giovane aumenti”, di 42 milioni di persone entro il 2020 e di ben 257 milioni entro il 2060. E il problema è proprio questo, visto che l’invecchiamento della popolazione europea è cosa nota. “Non c’è alcun modo per aumentare in modo organico la popolazione dell’Unione europea di altre 42 milioni di persone entro il 2020, per non parlare di altri 257 milioni entro il 2060: non si può costringere la gente a fare più figli. Aumentare l’immigrazione è dunque il solo modo con cui l’Europa può salvare se stessa dal disastro fiscale. L’Europa aveva bisogno di quel bambino siriano (Aylan Kurdi, tre anni, trovato morto su una spiaggia turca) così come dovrebbe accogliere tutti coloro che prendono la barca per Lampedusa, o i minibus arrugginiti per Berlino, Lisbona e Madrid. Si tratta quasi esclusivamente di persone giovani, a volte anche di bambini non accompagnati che, se integrati, pagheranno – e si prenderanno cura – dei pensionati europei”.
L’articolo è stato ripreso da La Repubblica che, riferendosi al caso italiano e allo studio dell’Eurostat, ha scritto anche: “20 milioni ad aspettare ogni mese, nel 2050, l’assegno dell’Inps, finanziato dai contributi di meno di 38 milioni di persone
in età per lavorare. Le soluzioni non sono molte. O si tagliano le pensioni, o si aumentano i contributi in busta paga o si trova il modo di aumentare il numero di persone che pagano i contributi. (Lna)