ROMA (WSI) – Dopo un avvio negativo, la Borsa Usa si riprende in quello che è l’ultimo giorno dell’ultima settimana di contrattazioni precedente all’annuncio della Federal Reserve, tra gli operatori e gli strategist di mercato ci sono ancora tanti dubbi sull’arrivo o meno del primo rialzo dei tassi dal 2006.
Nel finale: Dow +0,63% a 16.433 punti, Nasdaq +0,54% a 4.822 punti, S&P 500 -0,45% a 1.961 punti.
La Fed resta il più grande dilemma. Stando a un articolo di Bloomber Ray Dalio, il “re” degli hedge fund per esempio, ritiene che l’adozione di una politica monetaria restrittiva si rivelerà un errore epico, causa le vulnerabilità ancora troppo presengi sull’economia globale.
A suo avviso il risultato sarà che la Fed dovrà fare un brusco dietrofront e tornare di nuovo a stampare moneta.
Ci sono invece altri, come l’economista di Citigroup William Lee, che ritengono che l’espansione sia abbastanza solida, dopo sette anni di crisi finanziaria, da poter resistere a un rialzo dei tassi.
Guy Haselmann, strategist di Scotiabank, afferma che in quasi 30 anni di lavoro a Wall Street non ha mai assistito a una confusione del genere, gran parte della quale, spiega, è il risultato “dei messaggi contrastati che arrivano dalla Fed”.
L’annuncio arriverà giovedì 17 settembre, dopo due giorni di meeting del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed. Stando al mercato, i futures sui fed funds stanno scommettendo su una probabilità del 28% di un rialzo +0,25% a un range compreso tra lo 0,25% e lo 0,50%.
Focus sull’avvertimento di Alex Roever – sempre intervistato da Bloomberg – responsabile della strategia dei tassi Usa presso JP Morgan Chase, secondo cui esiste il rischio che chi fa trading sui bond stia sottovalutando il percorso degli aumenti dei tassi, fattore che potrebbe complicare il processo di politica monetaria restrittiva. Il team di Roever prevede che i tassi sui Treasuries a 2 anni testerà l’1,7% in un anno, dallo 0,73% della chiusuta della sessione di ieri.
Intanto i prezzi alla produzione ad agosto sono rimasti invariati rispetto a luglio in Usa. Su base annuale l’indice e’ in calo dello 0,8% ma in rialzo dello 0,9% se si escludono componenti volatili come i prezzi energetici.
Delude anche la fiducia dei consumatori è scesa ai minimi del settembre dello scorso anno, secondo la lettura preliminare del dato dell’Università del Michigan, che si attesta a 85,7. Si tratta di un calo dalla lettura finale di agosto di 91,9 e ben al di sotto delle attese degli analisti di 91,2. Il dato sulle attuali condizioni economiche è sceso a 100,3 da 105,1 di agosto, sotto le stime di 103,6 e ai minimi dall’ottobre scorso.
Tra gli altri mercati, l’euro sotto pressione, -0,15% a $1,1263; dollaro/yen invariato a JPY 120,62. Euro/yen -0,12% a JPY 135,90. Euro/sterlina +0,06% a GBP 0,7308. Euro/franco svizzero +0,31% a CHF 1,1011.
I futures sul petrolio Usa scendono del 2,81% a 44,63 dollari al barile, Brent -2,77% a $47,80. Oro -0,31% a $1.105,90. Argento -0,38% a $14,59. Focus sul petrolio, dopo le previsioni dell’Opec e le stime di Goldman Sachs che vedono la possibilità di un crollo fino a quota 20 dollari al barile per i contratti Wti nel 2016. Lo scivolone si verifica nonostante l’Agenzia internazionale dell’energia abbia detto che gli Usa e altri produttori non Opec potrebbero essere costretti ai maggiori tagli alla produzione dall’inizio degli anni ’90.
(Lna-MT)