NEW YORK (WSI) – La Gran Bretagna non deve preoccuparsi più di tanto della minaccia di una deflazione. Il calo dei prezzi al consumo – sceso allo zero – è dovuto al deprezzamento del petrolio, i consumi bassi dell’estate e la guerra dei prezzi ai supermercati.
Secondo Maike Currie, associate investment director di Fidelity Personal Investing, il Regno Unito attraversa un periodo di no-flazione.
“È importante distinguere tra disinflazione – un rallentamento del tasso di inflazione – e deflazione – una discesa persistente e ancora attuale dei prezzi al consumo. Le due cose sono diverse”.
Nel caso specifico il rischio di deflazione non sussiste perché i prezzi bassi riguardano i beni di prima necessità.
“Sia cibo che benzina – i fattori principali alla base della bassa inflazione – sono due elementi essenziali. Nessuno smetterà di andare al supermercato o fare il pieno perché che i prezzi scendano ancora il mese prossimo”.
Il pericolo di una situazione di deflazione è invece che aziende e consumatori rimandino l’appuntamento con le spese e i consumi nella speranza che il prezzo scenda ancora in futuro.
Ad agosto il tasso annuale britannico dell’inflazione è calato allo zero dallo 0,1%. Il costo della vita è diminuito per via della flessione del valore del greggio.
Rispetto a luglio i prezzi al consumo sono cresciuti dello 0,2% in più in agosto, ma in confronto all’anno scorso sono rimasti invariati.
Il tasso di inflazione ‘di fondo’ – depurato dei fattori volatili come energia ed alimentari, è calato all’1% dall’1,2%.
Sempre in tema di prezzi, nell’area euro il settore immobiliare potrebbe essere finalmente arrivato alla svolta. Per lo meno se ci si basa sugli ultimi dati della Bce, che evidenziano una ripresa dei prezzi delle case.
“Dopo alcuni alti e bassi – scrive l’istituto di Francoforte – finalmente ci sono segnali positivi che i prezzi immobiliari dell’area euro sono nuovamente in salira”. La ripresa, tuttavia, è ancora sommessa se la si paragona al passato.
Nell’area euro nel suo complesso i prezzi alla fine di marzo erano dell’1,1% più alti rispetto a un anno fa.
(DaC)