PECHINO (WSI) – La Cina continua a liberarsi di titoli del debito americano. In due mesi e mezzo ha infatti liquidato Treasuries per un valore complessivo che supera i 300 miliardi di dollari. A dirlo sono i dati sulle riserve valutarie.
La banca centrale era solita manipolare i mercati valutari per controllare le attività di trading ‘spot’, ovvero gli accordi tra due parti per comprare una valuta contro la vendita di un’altra, a un prezzo e a una data precisa concordata, lo spot per l’appunto.
Nei mercati spot, o per contanti, gli asset sono venduti in cambio di denaro e sono consegnati immediatamente. I contratti hanno dunque efficacia immediata e i prezzi sono fissati ai valori di mercato attuali (prezzo spot).
La tattica di Pechino era volta a dare al mercato la capacità di controllare meglio il tasso di cambio tra yuan e dollari, ma in realtà la strategia ha avuto l’effetto opposto, almeno sul breve periodo. Ora le autorità cinesi si sono messe a manipolare le attività di trading ‘spot’, per controllare i tassi di cambio che vengono stabiliti alla chiusura dei mercati (il cosiddetto ‘fix’).
Per manipolare il ‘fix’ basta che un trader o tanti trader insieme accumulino tante posizioni in una sola valuta per poi uscire d’un tratto appena prima o durante il fix, il momento in cui viene fissato il prezzo al quale avverà lo scambio.
Il fatto che lo yuan abbia continuato a svalutarsi ha costretto Pechino a interventi monstre anche nei mercati offshore. Ciò sta costando caro in termini di riserve valutarie alla Cina. Le liquidazioni sono state tali, in agosto, da aver spinto Deutsche Bank a battezzare le misure cinesi “Quantitative Tightening”, una stretta quantitativa monetaria.
Stando ai dati ufficiali a disposizione, tra luglio e agosto Pechino ha venduto titoli di Stato Usa per un valore complessivo di 185 miliardi tra luglio e agosto. Basta guardare alle riserve valutarie a disposizione per capire che i deflussi sono stati maggiori di quanto era stato indicato in precedenza.
Gli istituti di credito cinesi hanno utilizzato le proprie posizioni sul valutario, senza fare ricorso alle riserve valutarie della banca centrale, per assorbire le pressioni derivanti dai deflussi. In realtà, dunque, i titoli di Stato americani in uscita sono stati pari a 261 miliardi di dollari tra luglio e agosto. A questi numeri bisogna aggiungere quelli relativi ai primi di settembre.
Secondo i calcoli di Nomura da inizio settembre tra gli interventi sul mercato spot, onshore e offshore, la Cina ha speso circa 47 miliardi per stabilizzare i tassi di cambio dello yuan. Di questi, $25 miliardi nel solo mercato offshore. In totale fa 308 miliardi di Treasuries liquidati in appena due mesi e mezzo.
Le speculazioni circa un ulteriore deprezzamento della valuta cinese, hanno spinto la People’s Bank of China a intervenire nel mercato onshore e a farlo a costi elevati in termini di riserve valutarie. Senza contare l’effetto negativo che le liquidazioni hanno sulla liquidità.
Le attese per una svalutazione dello yuan hanno iniziato a manifestarsi anche nel mercato offshore ‘spot’, costringendo la PBOC a tentare di intraprendere azioni anche in quel segmento.
(DaC)