NEW YORK (WSI) – Il nuovo mercato obbligazionario non si riesce più a decodificare. Analizzarlo nel 2015 non è certo un’impresa semplice: azioni che vanno su e giù e obbligazioni come causa di agitazione, a prescindere dalla direzione in cui si muovono. Uno dei più grandi mercati finanziari del mondo è l’obbligazionario USA che vanta 39,5 mila miliardi di dollari di emissioni fino a metà 2015, secondo quanto rivela la Securities Industry and Financial Markets Association. Un mercato enorme che equivale, per la World Federation of Exchanges, a quasi due volte l’entità delle cinque borse più grandi di Giappone Cina e Europa messe insieme.
Ma come appare oggi il mercato obbligazionario alla luce della crisi finanziaria? Partendo dai bond, tradizionalmente associati alla sicurezza e alla prevedibilità, oggi appaiono vulnerabili a inversioni di tendenza dei prezzi e a distorsioni che potrebbero minacciare il finanziamento di imprese e privati. Si delinea così un contesto in cui i tassi di interesse ridotti hanno provocato una grande emissione di debito e di assunzione del rischio da parte degli investitori. A tutto ciò si aggiungono le normative più rigide che limitano gli istituti di credito e la crescita dei gestori patrimoniali e delle società di fast trading che modificano l’iter di compravendita delle obbligazioni.
Con la recente decisione della Federal Reserve di non alzare i tassi di interesse, il mercato si è trovato sotto i riflettori proprio in un momento in cui l’economia globale non decolla e i rapporti debito/pil dei Paesi di tutto il mondo sono più alti rispetto all’avvio della crisi finanziaria. Una fase di flessione del mercato potrebbe portare all’aumento dei rimborsi delle quote dei fondi, spingendo questi ultimi a vendere asset al fine di raccogliere liquidità e amplificare la pressione alla vendita nel mercato. Come rivela l’Investment Company Institute (Ici), dal 2007 1,5 mila miliardi di dollari sono andati in asset come i fondi obbligazionari comuni e gli etf statunitensi, da titoli di stato a debito corporate e delle amministrazioni locali, da confrontare a 829 miliardi di dollari in analoghi fondi equity.
Inoltre eventi come il “taper tantrum” del 2013 e il “flash crash” nel mercato dei titoli del Tesoro statunitense hanno fatto emergere la sensazione diffusa tra molti analisti e trader che il mercato obbligazionario sia molto vulnerabile e sempre più soggetto alla volatilità. Senza dimenticare che molti fondi obbligazionari sono stati duramente colpiti nel 2008, sollevando dubbi sulle performance che potrebbero realizzare in occasione di futuri smottamenti.
Allo stato attuale quindi si può concludere affermando che il mercato obbligazionario non si trova in una “bolla” che sta per esplodere e la decisione della Fed di mantenere costanti i tassi di interesse si potrebbe configurare come un ulteriore monito del fatto che i rendimenti si manterranno bassi nei prossimi anni.
(Aca)