ROMA (WSI) – Lo avevano temuto già molti analisti e ora anche l’amministratore delegato Matthias Mueller lo conferma. I costi per coprire lo scandalo dieselgate abbattutosi sulla Volkswagen sono molti alti e la cifra per ora accantonata pari a 6,5 miliardi servirà solo per il recall, ossia per i richiami delle vetture su cui è stato installato il software truffaldino, al fine di eliminarlo definitivamente.
Dichiarazioni che arrivano mentre in Bassa Sassonia (fonte: Bild) arriva una denuncia contro ignoti in merito alla scomparsa di atto relativo allo scandalo Volkswagen. “Nel fascicolo si trovavano duplicati di documenti, che per lo più si trovano in rete, e note relative a questioni giuridiche”, ha detto la portavoce dell’amministrazione, quindi sembrerebbe nulla di preoccupante, ma di un fattore comunque “irritante”. La Bassa Sassonia ha sporto comunque denuncia e al momento l’ipotesi è, per l’appunto, quella del furto a carico di ignoti. L’ultima volta che è stato visto il documento era il 9 ottobre.
Intanto in Italia il Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi parlando dinanzi alle commissioni Ambiente e Attività produttive di Montecitorio ha sottolineato che “la vicenda Volkswagen va vista per quello che realmente è: una frode”.
Anche se non c’è alcun segnale preoccupante per i marchi italiani che fanno parte del gruppo automobilistico tedesco come Ducati, Lamborghini e Italdesign – ma secondo altre fonti invece i timori ci sono – “nutriamo forti preoccupazioni per i possibili effetti dello scandalo sul nostro indotto” ha detto Squinzi.
“Sul piano economico – ha continuato numero uno degli industriali – “li effetti del caso Volkswagen, per le sue dimensioni, si estenderanno inevitabilmente oltre i confini dell’impresa: stiamo parlando, infatti, del secondo produttore mondiale di autoveicoli. Allo stato attuale, e mancando ancora un set di dati solido – conclude – si può notare solo la marcata caduta in ottobre dell’indice che sintetizza la fiducia degli investitori tedeschi. Le indicazioni, invece, dalle imprese italiane non segnalano al momento rilevanti e anomali cambiamenti negli ordini”. (ACA)