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Banche italiane, crediti dubbi +222,5% in un decennio

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NEW YORK (WSI) – Nell’ultimo decennio i crediti dubbi hanno messo a segno un vero e proprio boom nei bilanci delle banche italiane, soprattutto tra le popolari.
E’ quanto è emerso dall’edizione 2015 dell’indagine sulle principali società italiane realizzata dall’Area studi di Mediobanca.

Tra la fine del 2005 e quella del 2014 i crediti dubbi (sofferenze, incagli, ristrutturati e scaduti) sono balzati +222,5%, pari al 13,9% medio annuo, passando dal 3,9% del 2005 in rapporto ai crediti totali all’11% del 2014.

Le banche popolari, che partivano nel 2005 da un`incidenza dei crediti dubbi inferiore al sistema (3,6% contro 3,9%) si sono attestate, nel 2014, a un livello superiore (13,8% contro l’11% del sistema). Le popolari hanno mostrato dal 2005 un più elevato tasso di crescita dei crediti alla clientela (+5,2% medio annuo, 57,7% il cumulato), con un saldo netto nel periodo pari a 138 miliardi, 15 volte in più rispetto a quello delle banche commerciali.

Dal 2011 (anno di maggior erogazione), tuttavia, in valori assoluti, i crediti alla clientela sono diminuiti di 49 miliardi: le popolari hanno pagato questa politica di finanziamento con un incremento (sul 2005) ancora più evidente dei crediti dubbi (+22,1% su base annua, +502,1% il cumulato).

Dallo studio di Mediobanca risulta anche la top ten delle banche italiane. La Cassa Depositi e Prestiti ha fatto il suo ingresso per la prima volta nella classifica 2014, piazzandosi al terzo posto, forte dei 350 miliardi di totale attivo tangibile, scalzando Mps.

A parte l’ingresso della Cassa, resta sostanzialmente invariata la top 10 che vede, per attivi tangibili, al primo posto Unicredit, seguita da Intesa Sanpaolo, Cdp, Mps, Banco Popolare, Ubi Banca, Bnl, Mediobanca e Bper. Cariparma chiude in decima posizione, facendo scivolare, rispetto all’anno precedente, Bpm in undicesima.

La Cdp risulta inoltre campione di utili nel 2014 (2,17 miliardi), seguita da Unicredit (2 milia). Mps regina delle perdite (-5,3 miliardi), seguita dal Banco Popolare (-1,9 miliardi).

Sempre alla Cdp va la palma della redditività anche sul biennio 2013-14 con 4,51 miliardi, davanti a Mediolanum (657 milioni), alla Cassa di Parma e Piacenza (311 milioni), Banca Generali (302 milioni), Mediobanca (289 milioni). Biennio complessivamente in profondo rosso invece per Intesa e Unicredit, a causa delle massicce svalutazioni del 2013.

Sull’industria italiana, nel 2014 il primo gruppo industriale italiano è stata Exor, dopo undici anni di supremazia dell’Eni.

Exor-Fca ha chiuso lo scorso esercizio con ricavi pari a 122,2 miliardi (di cui 62,5 mld in capo a Chrysler), 12,4 miliardi in più rispetto al gruppo petrolifero, nonostante le vendite domestiche contino per appena il 7,5% del giro d’affari complessivo. Il gruppo Exor è stato anche primo per numero di dipendenti, con oltre 318mila unità: bisogna risalire a inizio anni settanta per ritrovare questa consistenza anche se distribuita diversamente: l’85% allora lavorava in Italia, oggi ne resta poco più del 25%.

In seconda posizione Eni che, a causa del crollo delle quotazioni del greggio, decrementa il proprio fatturato a 109,8 miliardi. Invariate, rispetto all’anno precedente, le posizioni dalla terza alla decima, con: Enel, Gse (la società pubblica che svolge attività di compravendita di energia elettrica), Telecom Italia, Finmeccanica, Edison, Esso Italiana, Edizione (Benetton) e Saras.

Subito fuori dalla top-ten si conferma undicesima Poste Italiane, con ricavi per 9 miliardi. Ma, sottolinea l’indagine, se i premi assicurativi del gruppo (15,5 mld) fossero sommati ai ricavi postali e finanziari, emergerebbe un gruppo da 24,5 miliardi, quinto assoluto nel ranking 2014, davanti a Telecom.
(mt)