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Borsa Milano in rosso. Effetti QE da “protezionismo anni Trenta”

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MILANO (WSI) – Debolezza diffusa in Europa dopo il rally di venerdì, che ha portato l’indice benchmark Stoxx Europe 600 a salire la scorsa settimana +3,9%, su base settimanale. Piazza Affari ha ceduto all’incirca mezzo punto percentuale, appesantita dai realizzi e dai cali delle banche, che per la verità è da un po’ di sedute che sono fiacche. Il Ftse MIB ha chiuso in calo dello 0,47% a 22.629,64 punti.

Questo nonostante un indice Ifo tedesco migliore delle attese (anche se sempre in flessione, a ottobre). Sul valutario, l’euro in lieve ripresa, +0,28% in area $1,1049 sul dollaro. Dollaro/yen -0,44% a JPY 120,94. Euro/sterlina -0,01% a quota 0,7194. Euro/franco svizzero +0,62% a $1,0849.

L’effetto taglio dei tassi in Cina – arrivato a sorpresa venerdì – si è fatto sentire, con l’indice Shanghai Composite Index salito durante i massimi intraday al record in due mesi. Tuttavia, è anche vero che il listino ha poi ritracciato dai massimi, e che la misura non è stata accolta con l’entusiasmo sperato.

La People’s Bank of China ha annunciato di aver tagliato il tasso sui prestiti a un anno dal 4,6% al 4,35%; il tasso sui depositi a un anno è stato portato dall’1,75% all’1,5%. Ridotto anche l’ammontare delle riserve chiesto alle banche, con un taglio di 50 punti base per tutti, e una riduzione extra di 50 punti base per altri istituti.

“E’ stata una sessione sorprendentemente tranquilla, quella overnight dell’Asia, con i mercati che hanno mostrato poca reazione alla notizia di venerdì relativa alla manovra della Cina”, ha commentato Tony Cross di Trustnet Direct. Stesso trend in Europa.

Larry Elliott, inoltre, del Guardian, ha lanciato l’allarme affermando che nel tagliare i tassi, la banca centrale della Cina rischia di creare ulteriore instabilità, in un’economia globale che è già dipendente dalla stampa di monete e da regolari interventi di stimoli. Le misure di politica monetaria espansiva, inoltre, potrebbero essere meno efficienti (come già sta accadendo in Usa ed Europa).

“Il problema numero uno è che indebolendo deliberatamente questi tassi di cambio, tali paesi si stanno rubando la crescita, l’un altro. Le banche centrali insistono che non siamo tornati alle svalutazioni competitive e al protezionismo degli anni ’30, ma invece il tutto sta iniziando ad assomigliare (a quel periodo). Il problema numero due è che gli stimoli monetari stanno diventando sempre meno efficaci nel corso del tempo. Esistono due canali principali attraverso cui il QE opera. Uno è attraverso il tasso di cambio, ma questa politica non funziona se tutti i paesi puntano a una valuta più debole, allo stesso tempo”. L’altro canale – continua Elliott, “è attraverso i tassi di interesse di lungo periodo, che sono legati ai prezzi dei bond. Quando le banche centrali acquistano bond, riducono l’offerta disponibile sul mercato e provocano così l’aumento dei prezzi. I tassi di interesse (i rendimenti) sui bond si muovono in una direzione opposta al prezzo, dunque prezzi più elevati significano un ricorso al credito più economico per le aziende, le famiglie e i governi. Il punto, però, è che quando i rendimenti sono già ai minimi storici, è difficile portarli a valori ancora più bassi, anche con forti dosi di QE”.

Tornando a Piazza Affari, tra i titoli sotto osservazione spicca Unicredit, in rosso di quasi l’1%, con il mercato che vuole capire quali sono le intenzioni a livello manageriale. Male anche Mediobanca e Banco Popolare. Bene invece Pop Milano, favorita dalle nuove ipotesi sul risiko bancario nel settore delle popolari.

Telecom Italia ha superato la soglia di 1,18 euro dopo che la brasiliana Oi ha ricevuto rassicurazioni da parte del fondo russo LetterOne per un investimento da 4 miliardi di dollari per comprare Telecom Brasil. Il titolo ha guadagnato fino a +3,50%, per poi più che dimezzare i guadagni e chiudere a +1,66%. Maglia nera a STM, -4,71%.

In Asia bene l’indice Nikkei di Tokyo +0,65%, giù Hong Kong -0,15%, Sidney -0,07%, Shanghai +0,53%, Seoul +0,38%.

Sui mercati delle materie prime, futures WTI scambiato a New York accelera al ribasso, -1,1% a $44,11 al barile, Brent -0,63% a $47,69. Oro +0,18% a $1.166,53.

(Lna-DaC)