La pratica tenuta da TradingLab di Unicredito Italiano di ricomprarsi solo il lotto minimo obbligatorio dei Covered Warrant out of the money, che stanno per scadere, continua a far discutere e non solo gli investitori – anche gli operatori di CW di altre banche reputano il comportamento “scorretto”.
In Italia sono 17 gli istituti presenti sul mercato dei Warrant. Abbiamo chiesto agli operatori quale sia la loro posizione nei confronti della pratica tenuta dal loro concorrente che, come si mormora nelle sale operative, non sarebbe nemmeno l’unico.
Il valore minimo di ogni CW è fissato da Borsa SpA a 1 lira. Quando un cw legato ad un titolo da’ l’opzione di comprare un titolo ad un valore molto maggiore del titolo in borsa e non raggiungibile prima della scadenza del CW, il CW è detto ‘out of the money’ e non vale che il minimo, cioè una lira.
Secondo le rimostranze, Unicredito non ha acquistato tutti i CW out of the money in prossimità della scadenza rendendo del tutto nullo il loro valore.
Questa pratica, anche se spiacevole per migliaia di investitori, è pero’ nel pieno rispetto delle regole imposte da Borsa SpA.
Secondo Pierluigi Cerutti, operatore dell’ equity derivatives desk di Caboto, “seppur nella legalità, (quello di Unicredito) è un atteggiamento scorretto. In particolare dal punto di vista dell’investitore, perché se i CW sono stati venduti, devono essere ricomprati”.
Sulla stessa posizione un altro operatore di CW che opera in Italia per una banca estera e che preferisce però non essere citato: “Credo che sia un comportamento scorretto perché uno dei nostri obblighi nei confronti dell’investitore è quello di ricomprare i CW out of the money. E’ sbagliato nei confronti dell’utente che ha dato la sua fiducia all’istituto – aggiunge l’operatore -. In questo caso spetta alla Borsa, che è competente in materia, procedere in qualche modo anche facendo pressione sull’emittente”.
Per Antonio Ferrandi, responsabile marketing CW Italia della Sociétè Genérale, “la posizione (di TradingLab) è accettabile perché non va contro la legge, tuttavia spetta agli investitori trarne le proprie conseguenze. Noi ricompriamo più del lotto minimo previsto per legge, anche se gradualmente”.
Però – commenta Alessandro Narici, product manager per i CW di Dresdner Kleinwort Albertini Sim “essere nei limiti della correttezza legale” non assicura “una grandissima attenzione alla qualità del prodotto che viene offerto agli investitori – oggi come oggi, l’allargamento del mercato a nuovi emittenti renderà più ardua la lotta per accaparrarseli”.
In altre parole, la concorrenza porterà più trasparenza e migliori condizioni per gli investitori.
Narici punta l’accento sulla posizione dominante di Unicredito nel mercato: “Oggi Unicredito è uno degli emittenti, con una quota di mercato pari circa al 40%, ma fino a poco tempo fa arrivava al 60%, giocava insomma quasi in regime di monopolio e praticamente senza concorrenza”.
Sul problema interviene anche Christian Caspani, operatore del equity derivatives desk di Bnp Paribas: “All’inizio uno dei problemi era stata la poca trasparenza e i pochi emittenti, ma ora il mercato è più sviluppato. La concorrenza porta alla riduzione della volatilità dello spread medio (la differenza tra il prezzo d’acquisto e il prezzo di vendita). Ora il cliente può scegliere – aggiunge Caspani – mentre prima non poteva fare niente”.
Non ci sono emittenti buoni ed emittenti cattivi, precisa Alessandro Narici; semplicemente, “la maggiore competizione andrà più a vantaggio del cliente. Basti ricordare il percorso di Telecom Italia prima e dopo l’apertura del mercato delle telecomunicazioni: ciò che Telecom Italia proponeva prima dell’ingresso dei competitori non è che fosse contro le regole, ma poi è stato rivisto e corretto alla luce della concorrenza”.
Inoltre, secondo gli operatori, spesso strumenti come i Covered Warrant sono usati da persone che non conoscono esattamente tutti gli aspetti e questo a volte può indurre in errori di valutazione.
“Da parte dei piccoli investitori c’è un po’ di ignoranza – commenta Cerutti di Caboto – come per l’accusa del banco truccato da parte del market maker. Questo è un discorso vecchissimo ed errato. Gli investitori ci sopravvalutano e pensano che siamo sempre attaccati ai singoli ordini e pronti a modificare i parametri. Ma non è così. Gli istituti hanno sistemi automatici e i pochi operatori non potrebbero comunque seguire centinaia di warrant”.
Gli fa eco Caspani di Bnp Paribas: “E’ un prodotto complesso, che molti intuiscono come una scommessa e non tengono conto di tanti aspetti importanti come, ad esempio, il conto del valore temporale che è fondamentale a seconda del tipo di warrant”.
In Italia il mercato dei CW è di €31,1 miliardi l’anno e conta 160.000 investitori.
Sollecitata ripetutamente da Wall Street Italia, Trading Lab non ha ritenuto di voler offrire un commento per questo articolo.