ROMA (WSI) – Ci sono ben 60 miliardi di euro di bond bancari tossici in circolazione. Si tratta di 360 titoli subordinati, circa la metà dei quali (150) è nelle mani dei piccoli risparmiatori. I titoli del debito sono a rischio di azzeramento nel caso in cui le banche facciano default.
Il consiglio di Elio Lannutti, di Adusbef, organizzazione a tutela dei consumatori, è quello di ‘scappare’. Letteralmente. Sono coinvolti tutti gli istituti di credito italiani, ma a correre i maggiori pericoli solo quelli con i requisiti patrimoniali deboli.
Stando ai dati raccolti dagli analisti indipendenti di Consultique e rielaborati dall’Ansa, si scopre come la gran parte delle obbligazioni subordinate, oltre due terzi, sia sprovvista di rating. Come spiega anche l’agenzia stampa
“di quelle con rating circa una cinquantina non arriva a un giudizio di ‘investment grade’. Altro elemento da considerare è che oltre un terzo delle emissioni è potenzialmente illiquido e quindi non vendibile sui mercati quando la situazione inizia a farsi difficile seppure alle volte questo comporti una perdita del valore evitando comunque l’azzeramento totale in caso di perdita”.
In sostanza è proprio a causa del fatto che non sia possibile vendere i bond sul mercato Otc (over-the-counter, non regolamentato) che i risparmiatori delle quattro banche salvate dal governo hanno finito per perdere l’intero ammontare di denaro investito.
Siccome concorrono al patrimonio delle banche, i titoli subordinati sono da considerarsi rischiosi. Molti risparmiatori delle quattro banche salvate con il decreto del governo -Banca Popolare dell’Etruria, CariFerrara, Carichieti – lo hanno imparato sulla loro pelle. Ma non sempre i risparmiatori vengono messi al corrente dei rischi che corrono.
Gli obbligazionisti sapevano che l’investimento nel debito subordinato di una banca era rischioso, vista la remunerazione elevata, ma non tutti erano forse al corrente che la banca se ne sarebbe servita come cuscinetto per tutelarsi e non come strumento di debito tradizionale.
Si parla di titoli per un valore complessivo di circa 800 milioni di euro. “Solo pochi fortunati (e ben consigliati) – dice La Repubblica – sono riusciti ad esempio a cedere in extremis poco prima del decreto di risoluzione alcune obbligazioni Banca Marche ricavando il 50% dell’investimento”.
Per alcuni risparmiatori possibile rimborso del 30%
Secondo la direttiva dell’Unione Europea sui piani di bail-in i bond subordinati concorrono infatti a ridurre le perdite in caso di risoluzione in un ordine ben preciso: dopo gli azionisti ma prima dei clienti che hanno un deposito superiore ai 100mila euro.
Intanto il governo sta lavorando a una soluzione per rimborsare il 30% dei soldi andati in fumo a quei risparmiatori che altrimenti con le perdite si ritroverebbero in uno stato di indigenza. La cifra stanziata sarà di 100 milioni circa.
L’emendamento di partenza a cui il Tesoro lavorerà è quello di Pelillo, il quale – riporta il Messaggero – stanzierà 100 milioni. Inizialmente era previsto un fondo di 120 milioni di euro da destinare al rimborso delle obbligazioni subordinate”, 80 a carico delle banche e 40 a carico del Tesoro.
Più che come indennizzo, spiega l’esecutivo, i soldi andrebbero intesi come un intervento di “solidarietà”. Il nocciolo della questione riguarda chi dovrà finanziarie questi aiuti. Il governo sta tentando di rimediare a un bel pasticcio per placare l’ira dei risparmiatori, che chiedono il ritiro del controverso decreto Salva banche.