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Le economie emergenti appaiono destinate a vivere un periodo travagliato anche nel 2016. Da tempo stanno cercando di spostare la focalizzazione dalle esportazioni alla domanda interna quale fattore trainante della crescita economica, transizione verso un nuovo modello di crescita difficile da implementare.
Gli stimoli ai consumi e agli investimenti, basati su finanziamenti a tassi contenuti, non sembrano produrre più gli effetti desiderati a causa del raggiungimento del punto di saturazione. La crescita sta rallentando e le preoccupazioni per il debito sono in aumento. Inoltre, il crollo dei prezzi delle commodity ha reso precaria la situazione di alcuni paesi come il Brasile.”
Dal 2001 l’incidenza del debito sul prodotto interno lordo in Cina è quasi raddoppiata, offrendo alle autorità un margine esiguo per l’utilizzo della crescita del credito quale strumento di stimolo. A rendere il compito più arduo è la riluttanza dei responsabili politici a consentire un sostanziale deprezzamento della valuta cinese. Prevediamo pertanto un rallentamento dell’economia cinese al di sotto dell’obiettivo del 6,5% nel prossimo futuro.
Secondo Candriam, mentre una ripresa moderata si sta facendo strada nelle economie sviluppate, i Paesi emergenti continueranno a pesare sulla crescita globale, che continuerĂ quindi ad attestarsi sulla stessa traiettoria del 3,5% registrata dal 2012.
Nell’Europa occidentale la ripresa rimarrà graduale e moderata poiché il deleveraging è lungi dall’essere giunto al termine. La crescita economica nell’Eurozona registrerà probabilmente un aumento, passando dall’1,5% previsto per quest’anno ad un valore vicino al 2,0% nel 2016, salvo eventuali shock geopolitici.
I tassi di interesse ai minimi storici e la contrazione dei prezzi del petrolio hanno ravvivato la domanda interna, contribuendo alla riduzione del tasso di disoccupazione. Le recenti affermazioni del Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, in merito alla potenziale necessità di alcune misure aggiuntive per stimolare la crescita nell’Eurozona, hanno indebolito l’Euro e sostengono attualmente le esportazioni da parte della regione, sostiene Florence Pisani.
Inoltre, il prossimo anno anche l’immigrazione in Europa potrebbe portare ad un incremento della crescita economica nell’Eurozona di ben 0,2-0,3 punti percentuali, dato che Paesi come la Germania stanno effettuando investimenti per ospitare il grande afflusso di persone.
L’economia statunitense è ora vicina al pieno impiego e continuerà a crescere ad un tasso di circa il 2,5% nel 2016, consentendo così alla Federal Reserve di aumentare i tassi di interesse in modo graduale, dopo il decollo previsto per dicembre.
Il mondo sta ancora lottando con le pressioni deflazionistiche. Considerando che sono rimasti disponibili ben pochi ammortizzatori nel sistema economico globale, il quadro è piuttosto vulnerabile e causa quindi del persistere dei bassi tassi di interesse a lungo termine.