ROMA (WSI) – Mentre il governo Renzi cerca di ovviare alle nefaste conseguenze del decreto salva banche, spuntano dichiarazioni e dettagli vari sui retroscena, soprattutto riguardo a Banca Etruria, una delle quattro banche salvate che aveva come vice presidente Pier Luigi Boschi, il padre dell’attuale ministro Maria Elena Boschi.
Intervistato da Repubblica, parla anche il direttore di una filiale, che però opta per l’anominato:
“Seguivamo i clienti in ospedale, nelle case di cura, sotto le scuole mentre aspettavano i figli e alla fine sapevamo che stavamo vendendo prodotti rischiosissimi”.
Lui, la fonte, è tuttora dipendente di Banca Etruria. Ma questo non gli impedisce di ammettere che sì, quella della banca è stata una vera e propria truffa a danno dei risparmiatori. Una vergona, dice: “abbiamo truffato i clienti”.
E sul dubbio relativo al Mifid – questionario obbligatorio sul livello di rischio che un investitore è disposto ad accettare, e che dunque deve essere firmato dal risparmiatore stesso:
“Semplice, nel 95% dei casi lo compilavamo noi e ai clienti chiedevamo solo di firmarlo”.
La cosa peggiore è che la vendita delle obbligazioni subordinate è andata avanti, anche quando Bankitalia si è accorta del problema Banca Etruria.
“Tra il 2012 e il 2013, nel momento in cui i dirigenti e gli operatori del settore sapevano la situazione critica della Banca, abbiamo venduto la maggior parte delle obbligazioni (…)
Banca Etruria, insomma, era in crisi già dal 2012: quell’anno l’istituto lanciò una operazione di aumento di capitale da 100 milioni di euro che venne considerato insufficiente per coprire i buchi di bilancio. Buchi di bilancio che erano venuti a crearsi per i prestiti facili che venivano erogati dalla banca.
Intanto spuntano i nomi dei primi indagati sul caso Banca Etruria. Si tratta dell’ex presidente Lorenzo Rosi e dell’ex membro del cda Luciano Nataloni, accusati di “omessa comunicazione di conflitto di interessi”. In pratica, i due manager avrebbero sfruttato a fini personali il proprio ruolo per ottenere finanziamenti che altrimenti non avrebbero potuto ricevere.
L’indagine della Procura di Arezzo è il terzo filone di inchiesta che è stato aperto sulla banca; i due precedenti filoni di inchiesta erano stati avviati nel corso dell’ultimo anno.
Le accuse di coflitti di interesse si riferiscono al periodo 2013-2014 e prendono in considerazione la relazione di Bankitalia dello scorso febbraio, che decise il commissariamento di Banca Etruria. In quel periodo il vicepresidente era Pier Luigi Boschi, il padre del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, che al momento non è indagato in nessuno dei tre filoni di inchiesta.
La procura di Arezzo indaga su possibili reati legati all’eventuale conflitto di interesse di alcuni ex membri del consiglio di amministrazione, per somme intorno ai 185 milioni, responsabili di 18 milioni di euro di perdite.
E in tutto questo parla anche lei: Stefania Agresti, mamma del ministro Maria Elena Boschi e moglie dell’ex vicepresidente di Banca Etruria Pier Luigi Boschi. Intervistata dal Corriere della Sera preannuncia:
“Avrete delle sorprese. Per fortuna c’è un’inchiesta, ci sono le carte e da quelle carte, vedrete, la verità verrà fuori. E la verità è che noi, in primis mio marito, non abbiamo mai preso un euro dalla banca. Altro che finanziamenti alle nostre attività!” E ancora: “non so quanto ci vorrà perché la verità venga ristabilita: un anno, cinque, dieci. Fa niente. Resisteremo. Il Signore ci darà la forza”.