ROMA (WSI) – Gli Stati Uniti hanno accolto con favore la coalizione guidata dall’Arabia Saudita, formata in tutto da 34 nazioni, per combattere l’Isis. D’altronde, l’Occidente si aspettava da tempo che i paesi islamici mostrassero la reale intenzione di fare qualcosa contro il terrorismo. Ma Riyadh agirà davvero per estirpare una organizzazione terroristica che essa stessa sostiene, o il suo vero piano è quello di invadere la Siria e l’Iraq, decretando finalmente la vittoria dei sunniti contro i tanto odiati sciiti?
D’altronde, a uno sguardo neanche molto più attento, appare subito evidentemente che la coalizione guidata dai sauditi è un vero e proprio esercito di sunniti, una gigantesca piovra che ha agito finora attraverso i tentacoli di al-Qaida e l’Isis, sotto lo sguardo solo in apparenza distratto di Washington.
Così Charles Kenny, nel libro “Saudi Arabia Is Underwriting Terrorism. Let’s Start Making It Pay”.
“Per anni dagli attacchi dell’11 settembre, i funzionari americani e occidentali hanno nella maggior parte dei casi fatto finta di niente, di fronte al sostegno ideologico che è stato dato all’estremismo: il petrolio saudita era semplicemente troppo importante per l’economia globale, anche se molti di questi petrodollari sauditi alla fine servivano per la repressione interna e per far crescere il fondamentalismo salafita all’estero. Questo sostegno a favore del radicalismo non dovrebbe sorprendere molto, visto che lo Stato islamico è cugino ideologico della setta estremista Wahhabi sponsorizzata dall’Arabia Saudita – che lo stato ha promosso in tutto il mondo attraverso finanziamenti superiori a $10 miliardi a organizzazioni umanitarie come l’Assemblea mondiale dei giovani musulmani”.
Charles Kenny ha collaborato sia per la rivista Foreign Magazine che per Bloomberg Business.
A tal proposito, si ricordi la World Assembly of Muslim Youth (appunto l’Assemblea Mondiale dei Giovani Musulmani, WAMY) è un’organizzazione che fa parte della Lega mondiale islamica, con sede a Jeddah, in Arabia Saudita, fondata nel 1972 con l’obiettivo di diffondere gli insegnamenti del vero Islam. E’ anche accreditata presso le Nazioni Unite come una ONG. Negli ultimi anni, sono aumentati i sospetti che il WAMY venga utilizzato per canalizzare i fondi – che dovrebbero essere usati per motivi umanitari – al terrorismo.
Maggiori informazioni sull’ambiguità dell’Arabia Saudita si ottengono leggendo “Saudi Arabia: an ISIS That Has Made It”, (ovvero Arabia Saudita, un Isis che ce l’ha fatta”), dello scrittore laico algerino Kamel Daoud:
“Daesh neri, Daesh bianchi. I primi sgozzano le persone, uccidono, lapidano, tagliano mani, distruggono l’eredità comune dell’umanità e disprezzano l’archeologia, le donne e chi non è musulmano. I secondi si vestono meglio e hanno un aspetto più pulito, ma fanno le stesse cose. Lo Stato Islamico, l’Arabia Saudita. Nella sua lotta contro il terrorismo, l’Occidente fa la guerra contro il primo, ma poi stringe la mano alla seconda. Questo è un meccanismo di negazione, e la negazione ha un prezzo: preservare la famosa alleanza strategica con l’Arabia Saudita a rischio di dimenticare che il Regno si fonda su un’alleanza con un clero religioso che produce, legittima, diffonde, prega e difende il Wahhabismo, la forma ultra-puritana dell’Islam che Daesh alimenta”.
Nella coalizione annunciata da Riyadh sono presenti altri paesi a maggioranza sunnita, come Turchia e Qatar. (quest’ultimo, anche, sostiene i gruppi estremisti che stanno combattendo in Siria”.
Basti ricordare il discoso proferito dallo sceiccio Hajaj al -Ajmi, identificato recentemente dagli Stati Uniti come una delle fonti di finanziamento della affiliata di al-Qaida in Siria. Lo sceicco ha lanciato il seguente appello:
“Date i vostri soldi a chi li spenderà per la jihad, non per agli aiuti”
Il fatto che l’accordo stretto tra i 34 paesi musulmani escluda l’Iran, paese sciita, dimostra come qui non si tratti tanto di un esercito creato per combattere il terrorismo. Ma di un esercito che sostiene il terrorismo e che ora ha deciso di scendere in campo per una missione ben precisa: quella di dare il colpo di grazia agli sciiti e invadere l’Iraq e la Siria.
Come? Presentandosi tempestivamente quando arriverà il momento della ricostruzione di due paesi distrutti. A quel punto, la crociata sunnita avrà vinto.