ROMA (WSI) – I prezzi del petrolio potrebbero subire una nuova battuta d’arresto, a causa del ritorno sul mercato dell’Iran. A lanciare l’allarme è il Fondo Monetario Internazionale (FMI), in un report dedicato all’Iran.
“L’atteso aumento dell’offerta di petrolio da parte dell’Iran dovrebbe mettere sotto pressione i prezzi globali, di un valore compreso tra $5 e $15 al barile, aumentando contestualmente il Pil globale di 0,3 punti percentuali. Sebbene è probabile che parte di questo impatto sia già scontato dal mercato dei futures, un ulteriore declino (dei prezzi) potrebbe materializzarsi con l’aumento delle esportazioni da parte dell’Iran, e a seconda di come reagiranno gli altri produttori dei paesi dell’Opec”.
Prosegue intanto la crisi di quei paesi le cui economie sono petrolio-dipendenti. Tra questi, si mette in evidenza soprattutto il Venezuela, che rischia il crac dei conti pubblici, dal momento che la maggior parte delle entrate fiscali deriva proprio dai proventi legati alle esportazioni di petrolio.
Da quando l’Opec ha deciso di abbandonare il tetto della produzione di petrolio, nel meeting dello scorso 4 dicembre, le quotazioni di petrolio sono crollate -17% testando anche i minimi degli ultimi 11 anni. Da notare il parallelismo tra le performance dei prezzi del petrolio e dei bond venezuelani.
In particolare i bond benchmark con scadenza nel 2027 viaggiano ai minimi dallo scorso agosto e, stando a quanto riporta un articolo di Bloomberg, i trader intravedono ora un rischio del 71% che il Venezuela faccia default nell’arco dei prossimi 12 mesi, in deciso rialzo rispetto al 61% del giorno precedente la riunione dell’Opec. Boom dei tassi dei bond con scadenza nel 2027, che sono schizzati fino al 26,29%.
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