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RATINGS: LA CONSOB CHIEDE SERIETA’

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Le nuove regole della Consob per dare più trasparenza alle analisi e ai report delle banche d’affari e delle società di rating hanno avuto un’accoglienza positiva, ma cauta, tra gli operatori di Piazza Affari.

“La Consob fa bene a chiedere maggiore chiarezza e a specificare le attività collaterali delle società emittenti con le aziende sotto analisi – commenta a WallStreetItalia Mario Spreafico, direttore degli investimenti della Bipielle-Fondicri – ma la Commissione si è mossa in ritardo”.

All’inizio del mese la Commissione di controllo per le società e la Borsa ha definito, attraverso una modifica regolamentare, i criteri minimi per la stesura e la pubblicazione di studi degli analisti sulle società quotate.

L’obiettivo dichiarato è quello di evidenziare in modo più preciso gli eventuali conflitti d’interesse nelle diverse e spesso poco chiare sovrapposizioni tra le parti.

Il conflitto è infatti sempre dietro l’angolo e più volte operatori e investitori si sono interrogati sulla validità e sul tempismo di alcuni report. Non di rado è capitato che un giudizio su un titolo da parte di una banca d’affari o di una società di analisi abbia determinato nell’immediato un forte movimento del titolo stesso. E non di rado si è poi saputo della partecipazione societaria o di ruoli particolari ricoperti dalla società che rilasciava l’analisi. (Vedi anche Ratings: occhio a chi li emette e perché)

I rapporti tra chi diffonde lo studio e la società oggeto dello studio devono emergere in chiaro nel report, spiega la Consob,
e in particolare devono essere evidenziati:
– la presenza di legami di controllo o di partecipazione rilevante, sia diretti sia indiretti;
– la partecipazione agli organi sociali;
– la prestazione di servizi di finanza aziendale resi all’emittente;
– l’emissione di strumenti finanziari collegati ai titoli dell’emittente.

La commissione guidata da Luigi Spaventa “raccomanda inoltre che la diffusione degli studi avvenga secondo modalità e tempi omogenei e tendenzialmente costanti. Si raccomanda inoltre che negli studi siano riportati i giudizi precedentemente espressi sui titoli dell’emittente, relativi ad un congruo periodo di tempo, indicando il motivo che
ha portato ad una loro eventuale revisione”.

In pratica, una banca dovrebbe comunicare i suoi ratings a scadenza regolare in modo da evitare sospetti che stia manipolando il titolo, e comunicare anche i rating precenti. (Vedi anche PIAZZA AFFARI: NUOVO ‘SELL’ SU TISCALI)

“Le richieste della Consob sono giuste perché etiche – commenta il responsabile della sala operativa di una banca estera che preferisce rimanere anonimo – ma è un gesto tardivo e comunque non completo perché in materia di trasparenza c’è ancora tanto da fare. Siamo secoli indietro rispetto agli USA dove, ad esempio, gli amministratori delle aziende devono comunicare qualsiasi movimento sui titoli della società, pena il pagamento di una multa impressionante”.

“Servono misure per evitare casi spiacevoli come quando un istituto emette un ‘BUY’ e poi si scopre che era il collocatore (del titolo in borsa). Ma anche nel caso Montedison c’è stata poca chiarezza e la Consob è rimasta a guardare. Comunque – conclude l’operatore – abbiamo fatto un enorme passo avanti rispetto al muro che avevamo di fronte dieci anni fa, ma al momento è come se fossimo davanti alla vetrata di una cattedrale… vedi la luce ma non quello che c’è fuori”.

L’operazione trasparenza della Consob “va a centrare un punto focale” anche per Guido Crivellaro, responsabile dell’ufficio studi-equity di Caboto. “E’ una mossa giusta che ricerca la serietà dell’analisi, ma che si basa su un fatto sostanziale che è la serietà di ognuno”.

Il discorso resta particolare e complesso come dimostra l’intervento della stessa Aiaf (Associazione italiana analisti finanziari) che da poco ha richiamato alla deontologia professionale.

“Esiste tuttavia una conflittualità d’interessi difficilmente evitabile – spiega Mario Spreafico –soprattutto per le banche di investimento internazionale che spesso offrono diversi servizi come strategie, Ipo o emissioni di corporate bond. Di fondo resta il conflitto di interessi”.

“Serve un maggiore coinvolgimento diretto degli organi di controllo anche nelle informazioni che le stesse società forniscono – prosegue Spreafico – come nel caso Alleanza, per fare un esempio, in cui la Consob dovrebbe chiedere spiegazioni”.

Alleanza comunicò dei dati sui risultati 2000 calcolati in un modo diverso da quello usato normalmente senza dire che aveva cambiato sistema. Quando poi la società svelò il cambiamento, il titolo crollò del 20% perchè i fondi d’investimento si sentirono imbrogliati.

Sulla gravità del problema interviene anche un analista di una Sim italiana che preferisce rimanere anonimo: “La Consob non può dare e togliere allo stesso tempo. Da una parte ti costringe a fare lo specialist e a impegnarti nella ricerca e poi ti chiede di non avere interessi. Diciamo che la cosa è difficile. La Consob deve dare linee guida in più soprattutto per le figure di specialist o di sponsor.

Sintetico il commento di Federico Schmid, responsabile della sala operativa di Bnp Sim: “Siamo indietro e c’è ancora tanta strada da fare perché non si può dire che ci sia trasparenza e che il risparmiatore sia tutelato”.