OTTAWA (WSI) – In Italia se ne parla da tempo e in molte città europee comincia a farsi strada, portando con sé polemiche e discussioni molto accese. Parliamo del reddito minimo che dopo la Finlandia, con la proposta di un reddito minimo per tutti a 800 euro netti al mese e la Svizzera che ha indetto un referendum il prossimo anno per un reddito base da 2500 dollari a testa, che ora vede protagonista un altro esperimento: quello dell’Olanda.
Tali esperimenti, è bene dirlo, non rappresentano affatto una novità. Anzi è proprio il contrario. Tra i maggiori sostenitori, Thomas Paine, tra i padri fondatori degli Stati Uniti d’America, che disse che tutti hanno il diritto di condividere un contesto di prosperità generale. Paine riteneva che lo Stato avrebbe dovuto versare a favore di ogni cittadino un bonus, probabilmente al compimento del 21esimo anno di età.
In questo modo, a suo avviso, sarebbero state ridotte in modo considerevole le “distinzioni oltraggiose”, a suo dire, tra i ricchi e i poveri.
Ad Utrecht, cittadina dei Paesi bassi, con oltre 300mila abitanti, e altri 19 piccoli comuni il reddito minimo potrebbe diventare presto realtà. L’idea è inizialmente quella di erogare assegni da 660 sterline al mese, circa 900 euro. Ma non chiamatelo “basic income” tuonano i proponenti, visto che potrebbe portare l’opinione pubblica ad interpretarlo come un “contributo a pioggia” che infoltisce la schiera dei nullafacenti.
Il progetto di Utrecht è di lanciare un esperimento che, all’inizio, sarà applicato a piccoli gruppi; a seconda dei risultati, si deciderà se estendere il piano a tutti.
Si schierano due filoni opposti: da una parte i sostenitori, secondo cui il contributo permette a coloro che sono in cerca di un lavoro di poter valutare le varie possibilità professionali e così avere una maggiore soddisfazione che significa maggiore produttività per le aziende. Senza dimenticare lo snellimento nella macchina burocratica visto che, non dovendo verificare la sussistenza dei requisiti, gli assegni sarebbero erogati senza dover attendere troppo tempo o varie lungaggini. D’altra parte i detrattori, che puntano il dito contro l’idea del reddito minimo, che potrebbe significare un assegno in bianco, garantito dallo Stato, che rischierebbe di alimentare chi voglia di lavorare non ne ha.
Gli effetti dell’esperimento olandese saranno valutati dall’economista Loek Groot dell’Università di Utrecht.
E fuori dall’Europa? Il più grande sperimento del genere fu condotto in Nord America, precisamente in Canada a Dauphin, nella provincia di Manitoba, negli anni ’70 .
Per 4 anni gli abitanti più poveri ricevettero un assegno mensile. Gli effetti di quell’esperimento, chiamano “mincome”, sono stati spiegati da Evelyn Forget, esperta in scienze sociali, secondo cui sembra che in quel periodo gli effetti della povertà iniziarono a scomparire.
Chi ricevette il reddito minimo a Dauphin non fu meno motivato a lavorare rispetto a prima. In Canada la proposta del reddito minimo vide in primo piano sostenitori come Milton Friedman, economista statunitense e leader del partito conservatore canadese, e altri da Robert Stanfield a Hugh Segal.
E oggi il partito liberale canadese si è posto un nuovo impegno, ossia creare un reddito minimo annuo già nel 2016. Nella convention di Montreal del 2014, quando era appena terzo in Parlamento, il partito approvò la considdetta Policy Resolution 100, promettendo di creare un “Basic Annual Income” per risolvere i vari problemi di welfare e garantire una rete di sicurezza sociale a tutti. Ora, il nuovo governo a maggioranza liberale del premier Justin Trudeau ha l’occasione di trasformare quella promessa in realtà.
Un esperimento in tal senso è appoggiato da Joe Ceci, ex consigliere comunale di Calgary e ora ministro delle finanze di Alberta, provincia nel Nord Occidentale del Canada. Ceci avrebbe il sostegno dei sindaci delle sue più grandi città, Calgary e Edmonton, che si sono offerti di ospitare progetti pilota.