NEW YORK (WSI) – Allarmi molteplici vengono lanciati dal dollaro, dalla crisi finanziaria, dal crollo del petrolio e dalla fragilità delle banche. Per questi motivi secondo il team di strategist del GEAB il 2016 sarà un anno all’insegna del “grande ripiegamento strategico” di fronte all’imminente “hard landing” dell’economia, un ripiegamento che influenzerà tutti i livelli di organizzazione sociale, cominciando naturalmente da quelli nazionali, ma non solo.
Questo ripiegamento nel 2016 non significherà la fine della mobilità mondiale, degli scambi internazionali o di Internet, e anche quest’anno il mondo rimarrà un villaggio globale, ma verranno eretti dei muri, si imporranno i regolamenti, si controlleranno i flussi, si rafforzeranno gli eserciti, si frammenteranno i mercati… tutto questo su base non più internazionale, perché il fallimento in materia di riforma di governance mondiale è chiaro, bensì sulla base delle sole entità politiche disponibili sul mercato: Stati nazione, gruppi religiosi ed etnici, alcune organizzazioni sovranazionali, livello locale.
Fine della grande orgia globale
Le porte a poco a poco spalancate nel 2016 si richiuderanno su una nuova configurazione globale in corso di stabilizzazione. Il 2015 ha conosciuto grandi cambiamenti nelle alleanze strategiche. Il campo occidentale è stato frammentato, alcune parti si sono perfino separate. Ma la fiducia verso i nuovi alleati non c’è ancora.
L’esempio migliore ci è fornito da quel grandissimo cambiamento di equilibrio delle alleanze in Medio Oriente. Per il «campo occidentale», Israele in particolare, il nemico non è più l’Iran ma l’Arabia Saudita. La presa di coscienza di questa realtà ha preso però troppo tempo: l’Arabia Saudita e il wahabismo militante vengono scaricati mentre la fiducia nei confronti dell’Iran non sempre è stabile. In queste circostanze, la migliore soluzione è il ripiegamento.
L’Europa si ritrova nella stessa situazione. Gli insuccessi con la Russia l’hanno estromessa dal fianco orientale e anche se attualmente vengono fatti degli sforzi per riallacciare i contatti con il grande vicino, in materia di fiducia il danno è fatto. Sul fianco sud-sud-est, il potenziale partner che sarebbe dovuta essere la Turchia se con essa si fosse fatto ben altro che la sua integrazione all’Unione, è ormai lanciato su piste di radicale divergenza con l’Europa.
Quanto all’Alleato per eccellenza, gli Stati Uniti, in Europa non c’è più molto per poter fare un bilancio positivo della relazione transatlantica di questi ultimi anni. Gli enormi flussi migratori, di cui l’Europa è diventata bersaglio in seguito ai gravi errori strategici nei quali l’Alleato ci ha indotto, sono la goccia che ha fatto traboccare il vaso e l’UE è ormai lanciata verso un vasto piano di rafforzamento interno. Ripiegamento.
Anche il Giappone ha capito di non poter più contare sulla decadente potenza degli Stati Uniti per proteggerlo. E naturalmente non è alla Cina che reclamerà protezione. La Cina è sicuramente un attore regionale imprescindibile, ma il passato burrascoso tra queste due potenze e l’incertezza a medio termine sulle velleità di egemonia cinese obbligano il Giappone a riprendere il controllo del sistema di difesa.
Questo ripiegamento strategico, accompagnato da un’esplosione di cattivo auspicio delle spese militari, si sarebbe potuto evitare se i grandi attori occidentali avessero svolto il solo ruolo intelligente che era loro impartito: «facilitatore di transizione». Il G20, da questo punto di vista, ha rappresentato un buon tentativo, iniziativa europea, ricordiamolo. Gli sforzi però sono stati minimi e soprattutto fin troppo ostacolati da un establishment americano incapace di comprendere le evoluzioni mondiali e di contribuirvi in modo positivo.
Certo, è stato il grande 2015 di Barack Obama che ha permesso il reintegro dell’Iran (e di Cuba) nella scena internazionale. Ma tutto questo arriva troppo tardi, troppo poco, troppo contrariato dalle tensioni e dalla preoccupazione crescenti.
Non ci sono più le condizioni affinché il mondo multipolare si riunisca attorno allo stesso tavolo per affrontare insieme le grandi sfide collettive mondiali. Non c’è più fiducia. Anche tra i nuovi alleati: ad esempio, è assai improbabile che la Sublime Porta e la Mecca siano diventate in una notte i migliori amici del mondo in modo profondo e durevole. I tentativi di alleanze contro natura di questo tipo non sono destinati ad andare oltre il 2016. E saranno inevitabilmente accompagnati da un processo di ripiegamento da una parte e dall’altra.
Per quanto riguarda l’Arabia Saudita, anche questo paese avrà molto da fare in materia di stabilizzazione sociale interna, senza contare che sarà sempre più obbligato a dissociarsi dai mostri, come Daesh, creati dai mali sociali che l’hanno colpito.
Emergenti incapaci di nutrire crescita mondiale
Quest’anno anche i BRICS si concentreranno su se stessi. Il Brasile non c’è per nessuno tranne che per i propri problemi di lotte politiche interne, di economia difettosa, di moneta in declino e di ipersensibilità sociale. Quest’anno, in altre parole, il suo contributo agli sforzi transnazionali di tipo BRICS, MERCOSUR, OAS, ecc., non sarà significativo.
La Cina lo ha detto e ridetto: la priorità non è più la bilancia commerciale, bensì lo sviluppo del mercato interno, delle infrastrutture, del sistema sociale, ecc. I punti di crescita non sono più quindi destinati a nutrire la crescita mondiale. Nella stessa ottica, si occupa delle frontiere e della tutela del territorio investendo nella modernizzazione del sistema di difesa nazionale. E non è quello che è successo in Russia nel 2014 che la convincerà ad andare avanti in questa direzione.
Per il momento, l’India si trova ancora nella pura logica di apertura. Anticipiamo però che nel 2016 anch’essa dovrà dimostrare maggiori riserve. La sua presidenza ai BRICS sarà bersaglio di tutta una serie di manipolazioni da una parte all’altra. I tentativi di Modi di equilibrare le relazioni esterne tra Stati Uniti, Europa, Cina, Russia, Giappone, Pakistan… rischiano di finire come quelli di Erdogan nel 2011.
Il primo ministro indiano, in particolare, si sta facendo incastrare nel riavvicinamento con il Giappone, alimentato da treni a grande velocità ma anche da sottintesi anti-cinesi, uno scoglio che all’inizio del mandato aveva pur sempre detto da evitare. È quindi probabile che nel 2016 l’India conduca una presidenza BRICS molto debole (non riuscendo a sfruttare il potenziale di integrazione da noi identificato qualche mese fa) e che anch’essa dia la priorità all’organizzazione sociale, al progetto di innovazione tecnologica e al budget militare. Ripiegamento.
Torniamo un attimo all’Europa. Probabilmente è l’unica regione al mondo che non si ripiegherà solo sul livello nazionale. Gli strumenti della sovranità nazionale si stanno riattivando di concerto tra il livello nazionale e quello europeo. Negli alti e bassi di questo numero parliamo della zona Schengen di cui riteniamo che, lungi dall’indebolirsi, si sta invece rafforzando… su richiesta degli Stati membri.
Lo stesso vale per il progetto di esercito europeo, interconnessione delle agenzie nazionali di informazione, ecc. Il trasferimento degli strumenti della sovranità (gestione delle frontiere, eserciti, informazione, ecc.…) verso il livello europeo, in accordo con e sulla base degli Stati membri, è in corso e rimarrà la tendenza nel 2016. Rafforzamento simultaneo del livello nazionale ed europeo.
Una nuova epoca oscura per l’Europa
Secondo il LEAP, è penoso il fatto che la fase di integrazione politica del continente si realizzi in un movimento di ripiegamento e non nell’aspirazione alla democrazia. È questo ad averci fatto anticipare nell’ultimo numero che l’Europa sarebbe entrata in una nuova epoca oscura della sua storia. Adesso ci sono proprio tutte le condizioni.
Soltanto Internet e la grandissima trasformazione delle strutture sociali che esso comporta permettono di sperare che l’Europa (e il mondo) possa uscire al più presto da una fase di chiusura che nel XXI secolo a lungo termine sembra impossibile. Tuttavia, il fermento del caos sociale che gli establishment vedono in questo strumento ci fa temere che nel corso del 2016 la «rivoluzione Internet» si trasformi in «terrore Internet»: nemmeno uno strumento di libertà e di apertura al mondo per i cittadini, ma lo strumento al servizio della sorveglianza e della propaganda di chi «ristabilisce l’ordine».
Il tema del grande ripiegamento strategico si trova in filigrana nel resto di questo numero, in particolare nel panorama annuale degli «alti e bassi» di quest’anno.