Società

Fu colpita in attentato a Tunisi. Beffa Inps e battaglia per riconoscimento invalidità

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TORINO (WSI) – Un pasticcio tutto all’italiana e un dolore continuo inutile è quello che ha vissuto Carolina Bottari, impiegata comunale torinese sopravvissuta all’attacco terroristico dell’8 marzo del 2015 al museo del Bardo di Tunisi, in cui non solo ha perso il marito, Orazio Conte, un’amica e una collega, ma che le ha lasciato anche un’invalidità fisica. Oltre al danno la beffa, visto che l’Inps non le aveva riconosciuto il danno, almeno all’inizio.

Quel tragico giorno al museo un proiettile di kalashinokov le ha trapassato la gamba frantumandole l’osso ora più corto di sette centimetri, costringendola a muoversi solo con una carrozzina. Un dolore che si è portata dietro anche in Italia iniziando la trafila per ottenere il riconoscimento di invalidità da parte dell’Inps. Il primo referto della commissione medica era stato negativo, indicando la signora Bottari come “non invalida”, avendo una semplice frattura. L’invalidità riconosciuta era tra lo 0 e il 33%, e come tale la donna non poteva aver diritto all’assegno di accompagnamento: nemmeno le era stato riconosciuta la reversibilità della pensione del marito ucciso nell’attacco al museo del Bardo.

Ora però la buona notizia: dopo circa due mesi l’Inps fa marcia indietro e riconosce alla signora Bottari il 100% di invalidità, come riporta oggi La Stampa. Una storia che insegna e fa riflettere sull’ottusità che in alcuni casi affligge la pubblica amministrazione.

“Alla fine, avevamo ragione noi. Ma la storia di mia sorella fa riflettere e arrabbiare. Se sei debole e non sei conosciuto, corri il rischio di essere schiacciato dallo Stato, altro che difeso”.

Così Salvatore Bottari, fratello di Carolina che attende il mese di luglio per l’ulteriore visita medica che dovrà decidere se continuare a concedere alla donna l’assegno di accompagnamento o meno.

“Abbiamo buone speranze  di ottenere l’assegno di accompagnamento, anche se non è ancora certo. Sarà un’altra trafila sfiancante (…) Non abbiamo mai lottato per i soldi ma quel che ci interessa è vedere riconosciuti i nostri diritti di cittadini. Dallo Stato, ti aspetti questo, che ti difenda”.