Economia

Aziende in crisi in Italia: è qui che si rischia di essere licenziati

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MILANO (WSI) – Nonostante il “segno più”, che per alcuni è il migliore degli auspici, l’economia italiana langue ancora in diverse parti d’Italia, in diverse aziende. Secondo i dati pubblicati dal Ministero per lo Sviluppo economico sono 135 le procedure di amministrazione straordinaria in atto a fine 2015. Sono 502 le aziende in crisi, che a loro volta impiegano 121mila lavoratori. Compaiono vecchi nomi gloriosi come quello della De Tomaso, marchio del automobilismo sportivo, come quello della Perugina, alle prese con le modifiche del contratto da negoziare con Nestlé. La distribuzione di queste crisi, inoltre, è spalmata su tutta la penisola, da Nord a Sud. Il maggior numero di imprese in difficoltà è presente in Lombardia (36), seguita da Lazio (30) e Veneto (21); i settori più colpiti, invece, sono l’industria pesante (27), i servizi (17) e l’Ict-Telecomunicazioni (14). Il dato, comunque, è in leggero calo rispetto al novembre 2014, quando la Uil calcolava 153 crisi aziendali.

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Ecco i profili delle principali aziende che si trovano in forti difficoltà.

  • AGILE: nel 2010, quando è entrata in amministrazione straordinaria con la cassa-integrazione straordinaria per i circa 2.000 dipendenti si chiamava ancora Eutelia. Da allora la società con sedi in diverse Regioni ha cambiato nome, gli ex vertici sono finiti sotto processo anche per associazione a delinquere e il personale si è prima ridotto a 780 unità e poi finito nel vortice dei licenziamenti.
  • ALCOA: la crisi si apre nel 2012 quando il colosso statunitense dell’alluminio decide lo stop della produzione a Portovesme, che occupava 450 persone. Chiusa la trattativa per la cessione a Klesch, ora si prosegue con Glencore, ma il futuro è ancora nebuloso.
  • DE TOMASO: la casa automobilistica torinese fallisce nel 2013, con 940 dipendenti in cassa integrazione. Anche qui ex manager, Gian Mario Rossignolo, a processo, con il marchio acquisito per poco più di un milione dalla cinese Ideal Time Vince (sede legale nelle Isole Vergini). Ma resta ancora da capire cosa accadrà a centinaia di lavoratori del gruppo.
  • ENI GELA: la raffineria che, contando l’indotto, da’ lavoro a circa 2.000 persone, è ferma per il piano di conversione in bio-raffineria, spiega Eni, ma dal primo gennaio è partita una nuova riduzione del personale, con conseguenti proteste che hanno coinvolto tutta la cittadinanza.
  • FINCANTIERI: agli stabilimenti di Palermo e Monfalcone lavorano circa 3.600 dipendenti. In quello siciliano più della metà sono in cassa integrazione a zero ore, mentre vengono gestiti 140 esuberi attraverso pensionamenti, part time e cig a rotazione.
  • HEWLETT PACKARD: avviato la cessione dello stabilimento di Pozzuoli nel luglio 2015, è in corso la trattativa con MaticMind per il passaggio dei 160 dipendenti occupati.
  • ILVA: a fine 2014 l’ingresso in amministrazione straordinaria, pochi giorni fa l’avvio della procedure di infrazione a livello europeo. Fra cordate presunte e offerte smentite il futuro degli stabilimenti di Taranto e Genova resta complesso.
  • LUCCHINI: la situazione si è sbrogliata nella primavera scorsa, con l’acquisizione del gruppo di Piombino da parte degli algerini di Cevital. Ma 1.100 dipendenti sono in cassa integrazione a zero ore fino al novembre 2016.
  • MERCATONE UNO: entra nel concordato preventivo esattamente un anno fa e finisce in amministrazione straordinaria ad aprile. In ballo 34 sedi in tutta Italia con 1.360 dipendenti coinvolti.
  • PERUGINA: dopo le proteste dello scorso anno, sono ancora in corso le trattative per le modifiche al contratto, con un nuovo appuntamento con la Nestlé probabilmente a febbraio. La solidarietà è ancora in corso ma i sindacati temono un’ulteriore stretta su numeri o orari di lavoro.
  • SAECO: di fronte all’ingresso della fabbrica a Gaggio, in provincia di Bologna, 243 tazzine di caffè, quanti i dipendenti che rischiano di restare a casa sui 558 attuali, dopo il piano di tagli annunciato lo scorso novembre.