Le avvisaglie per una prima metà d’anno ancora molto volatile sui mercati si vedono già con una certa chiarezza. Dopo un mese di gennaio che, per le azioni europee, non era così negativo dal 2008 è difficile attendersi una stabilizzazione: le politiche monetarie che permarranno divergenti, l’andamento incerto del petrolio e il rallentamento dell’economia cinese, non costituiscono l’ambiente ideale. Infatti, il Vstoxx Index, indicatore dello stress del mercato sta compiendo il suo maggior balzo dallo scorso agosto. Per quanto riguarda gli Stati Uniti la tendenza è quella di liquidare i prodotti Exchange Traded (come gli Etf, ancorati a loro volta con una varietà di indicatori del mercato) sulla scommessa che l’azionario cambierà facilmente i suoi umori.
Inoltre, due fra i più popolari indici che tracciano i movimenti del mercato azionario, del Chicago Board Options Exchange Volatility Index, hanno visto ammontare i deflussi a più di 700 milioni di dollari a gennaio. Nel mondo, invece, Bank of America ha calcolato un livello del cash detenuto dagli investitori pari al 5,4%, il terzo più elevato dal 2009. Anche l’Europa, le cui piazze azionarie erano previste a fine 2015 come le più promettenti, ha ceduto, nello Soxx Europe 600 Index, il 7% da inizio anno.
“La volatilità c’è e resterà per molto tempo”, dice Guillermo Hernandez Sampere, a capo del trading presso Mppm Ek, “abbiamo problemi sufficienti in Europa per mettere carne al fuoco, ma a questi si aggiungono anche i problemi della Cina e della Federal Reserve”.
Un poco più ottimista è Ion-Marc Valahu, cofondatore e gestore di Clairinvest (Ginevra):
Se vedessimo un grosso numero di bancarotte [in Europa], allora avremmo una brutta seconda metà d’anno, ma non lo vedo in arrivo. Dipende tutto dai numeri economici, e non sono stati così malvagi. Non c’è la recessione in vista.
Fonte: Bloomberg