ROMA (WSI) – Dopo il crollo di ieri, con vendite fino a -4%, Borsa Milano ha recuperato qualcosa (+1.23%), pur vedendo ridotti allo stesso tempo i forti acquisti della mattinata, in concomitanza con il rallentamento dei prezzi del petrolio.
Banche in rialzo, ma senza grandi entusiasmi, con Bper che anzi è anche negativa. L’incertezza regna nel comparto, a eccezione di Intesa SanPaolo che fa un gran balzo, Mps e Pop Milano. Unicredit è fiacca. In calo tra gli altri settori FCA e Finmeccanica. Mediaset e Tenaris corrono, mentre forte è il tonfo di Saipem che cede anche -5% a un certo punto, a fronte del nuovo scivolone dei diritti sull’aumento di capitale, che riportano un tonfo -50% circa.
Il tonfo del dollaro ha avuto un effetto più che benefico sulle commodities valutate in dollari, in particolare sui prezzi del petrolio, con il contratto WTI scambiato a New York volato ieri fino a +8%. Nelle contrattazioni asiatiche gli acquisti sul greggio sono continuati nell’ordine del 2%. Ma il Brent ora ha azzerato tutti i guadagni e oscilla attorno alla soglia di $35. Il contratto WTI è al di sopra di $32 al barile.
Focus sulla decisione di Morgan Stanley di rivedere al ribasso le stime sul petrolio, per quest’anno, fino a -51%. Nei tre mesi fino a dicembre, i prezzi del Brent sono attesi in media a $29, rispetto ai $59 attesi in precedenza.
Al balzo dei prezzi del greggio della sessione di ieri hanno contribuito alcune speculazioni, in realtà in campo già da qualche giorno, sulla possibilità di un meeting di emergenza tra i paesi dell’Opec e non Opec, al fine di tagliare l’offerta. Altro fattore che ha contribuito al rialzo, i numeri arrivati dalla società israeliana fornitrice di dati marittimi Windward, che hanno messo in evidenza come il carico iraniano sia comunque sceso di 5,4 milioni di barili dall’accordo storico sul nucleare raggiunto lo scorso luglio, che si è tradotto nell’eliminazione delle sanzioni contro Teheran di recente.
Sul mercato valutario , focus sul tonfo dello US Dollar Index, precipitato al ritmo più più forte da quando la Federal Reserve lanciò il primo piano di Quantitative Easing nel primo trimestre del 2009, e sul conseguente e forte rally dell’euro fino a sfiorare $1,12 in mattinata. L’euro perde la soglia di $1,12 ma si mantiene ben solido. Il dollaro sullo yen è in ribasso sotto quota JPY 118.
Nel caso specifico dell’Italia, Borsa Milano continua a versare in condizioni estremamente difficili. Ieri le perdite fino a -4% hanno riportato il valore dell’indice Ftse Mib ai livelli della fine di settembre del 2013.
Crescono le preoccupazioni sulla tenuta del sistema bancario italiano dopo i dubbi sulla creazione della bad bank dove verranno fatte confluire le sofferenze delle banche. Focus sull’alert della Cerved ha sottolineato che “anche con ipotesi di moderata ripresa dell’economia e di forte abbattimento dei tempi della giustizia, le sofferenze rimarrebbero nel 2020 su livelli non sostanzialmente diversi da quelli attuali“.
In Asia, sempre sulla scia del boom del petrolio, hanno prevalso gli acquisti, con Shanghai +1,5% e Sidney oltre +2%. Eccezione della Borsa di Tokyo, con l’indice Nikkei che ha scontato il rafforzamento dello yen sul dollaro, cedendo -0,85%.
Molto richiesto anche l’oro che, come le altre commodities, ha beneficiato del rallentamento del dollaro, balzando fino a $1.141,30 l’oncia, al massimo in più di tre mesi, ovvero dallo scorso 30 ottobre. L’oro è tra i pochi asset che sono riusciti a guadagnare dall’inizio dell’anno. Il rialzo finora è +7,6%.
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