A nostro avviso, i mercati finanziari stanno sovrastimando l’eventualità di una recessione globale e la possibilità che si entri in una fase di recessione non è superiore al 20%, nonostante mercati azionari e high yield indichino rispettivamente il 50% e il 70% di probabilità che si verifichi tale scenario.
Nella seconda parte dell’anno, le economie dei Paesi sviluppati hanno di nuovo rallentato il ritmo della loro crescita (+1% nella seconda metà dell’anno), ma né il livello di questa crescita né l’entità di questa decelerazione sono tali da destare particolari allarmismi, soprattutto da una prospettiva storica. Tali dati rientrano semmai in quel range di movimenti all’interno di un ciclo di business che può essere definito come irrilevante e non certo come un chiaro cambio di direzione.
“Le valutazioni azionarie sono scese del 20% dai recenti massimi, sottintendendo un rischio maggiore di una flessione dei rendimenti. Dubitiamo che questo possa avvenire al di fuori del settore delle commodity visto che i consumi sono supportati da un prezzo del petrolio basso, da tassi di interesse vicini allo zero e da una crescita del mercato del lavoro“.
Così come vediamo rischi limitati nel settore healthcare. Inoltre, le mosse delle banche centrali saranno di supporto al sentiment di mercato. Su tutti questi aspetti manteniamo un atteggiamento neutrale e preferiamo restare fuori dal coro piuttosto che allinearci a timori troppo diffusi. Nulla vieta che in caso di nuovi e sorprendenti dati si verifichino nuovi ribassi, ma i fondamentali ci dicono che non siamo in un tipico scenario di recessione.
Riteniamo che gli attuali livelli di premio per il rischio ci stiano mostrando l’effettiva portata dei recenti movimenti sui mercati: il premio al rischio azionario è attualmente intorno al 5% contro una media di lungo periodo pari al 3,5% che è stata più alta negli ultimi 25 anni solo durante i picchi della crisi finanziaria del 2008 e di quella dell’euro nel 2012/13.
Inoltre, gli spread tra i prezzi delle obbligazioni high yield e i bond governativi sono stati più elevati solo nel 1991 con la crisi dei risparmi e dei crediti, nel 1998 con il fallimento del fondo hedge LTCM, nel 2002/2003 in coincidenza di scandali contabili e durante la più recente stretta del credito e crisi dell’euro.