I venti estivi inevitabilmente portano speranze per un rally estivo a Wall Street e quest’anno potrebbe proprio succedere.
Il mercato azionario sembra pronto per un rally in risposta a quello che dovrebbe essere un insieme di notizie economiche che indicano che l’economia americana e’ in ripresa.
Questa ripresa ha gia’ iniziato a farsi sentire dai dati economici e l’economia quasi certamente mostrera’ un vigore anche maggiore durante l’estate, sollevando il morale degli investitori.
I rally estivi hanno ignorato i mercati azionari per gli ultimi tre anni, con il mercato in generale in declino durante ognuna delle tre estati passate. Nell’estate del 1998 l’S&P 500 e’ sceso del 7,3%, nel 1999 e’ sceso dello 0,5% e l’anno scorso e’ sceso dell’1,7%.
La debolezza degli ultimi anni, pero’, puo’ essere attribuita al difficile confronto sia trimestrale (da un trimestre all’altro), che annuale (da un anno all’altro). Ora, comunque, il gioco e’ cambiato e i confronti diventeranno sempre piu’ favorevoli nel corso dell’anno.
Questi semplici confronti si combineranno con il rafforzamento dell’attivita’ economica per incoraggiare gli investitori ad acquistare azioni e a vendere obbligazioni.
Ragioni per l’ottimismo
Una delle piu’ recenti ragioni per l’ottimismo deriva dal sostanziale calo dei prezzi energetici, la cui importanza non puo’ essere sottovalutata poiche’ il notevole aumento dei prezzi e’ stato uno dei maggiori fattori dietro all’attuale rallentamento economico.
Anche il presidente della Federal Reserve Alan Greenspan e’ d’accordo.
Ecco cosa ha detto pochi giorni fa in un discorso sull’impatto dell’energia sull’economia il giorno dopo l’ultimo incontro del FOMC:
“Tra il numero di fattori che hanno contribuito al rallentamento della crescita economica negli Stati Uniti negli ultimi trimestri, quello che ha ricevuto meno attenzione di quanta ne meriti e’ l’aumento dei prezzi energetici.
In quello che puo’ o meno essere una coincidenza, almeno gli ultimi tre periodi di recessione negli Stati Uniti – quelli del 1990-91, 1980-82 e 1974-75 – sono stati preceduti dall’aumento del prezzo del petrolio”.
Da notare che le parole di Greenspan sono state utilizzate proprio all’inizio del primo paragrafo del discorso.
Da astuto scrittore e oratore qual e’, Greenspan era certamente consapevole che il paragrafo introduttivo avrebbe fissato il tono dell’intero discorso e che i mercati avrebbero riconosciuto l’enfasi messa sul pensiero iniziale come un segnale che Greenspan credeva profondamente ai commenti introduttivi.
Quindi, se Greenspan crede che il sostanziale aumento dei prezzi energetici sia stato un motivo chiave dell’indebolimento dell’economia USA, deve pensare che il drastico calo dei prezzi energetici portera’ benefici sostanziali. Non l’ha detto, ma e’ implicito nei suoi commenti e dal posizionamento dei suoi commenti nel primo paragrafo e dal fatto che il taglio dei tassi di un quarto di punto da parte della Fed sia stato inferiore alle aspettative.
Circa un anno fa, prima che i prezzi energetici raggiungessero nuovi massimi, Greenspan ha commentato che l’aumento dei costi energetici ha eliminato una significativa somma dal PIL.
Ecco come ha commentato il fatto di fronte al Congresso nel luglio 2000:
“L’anno scorso l’aumento del prezzo del petrolio ha inciso annualmente per $75 miliardi da parte dei produttori stranieri sul consumo americano di petrolio importato, l’equivalente di una tassa di circa l’1% del reddito disponibile”.
Se i costi energetici eliminassero circa un punto dal PIL, allora la sola stabilita’ dei prezzi eliminerebbe il problema. I prezzi in discesa accentuano la rimozione degli strascichi e farebbero sembrare il PIL forse piu’ forte di 1,5 punti percentuali o piu’.
A parte il calo dei prezzi energetici, ci sono altre ragioni per credere in una ripresa economica e da qui in un rally estivo.
Queste comprendono: gli effetti ritardati dei tagli ai tassi d’interesse operati dalla Fed, la riduzione fiscale, l’alto ricambio nelle abitazioni, l’accentuata attivita’ di rifanziamento dei mutui per la casa e l’enorme crescita nelle scorte monetarie.
*Anthony Crescenzi e’ capo analista della sezione Capital Markets alla boutique finanziaria Miller Tabak & Co.