Ieri il mio collega Michael McKenna ci ha fatto sorridere sottolineando come tutti coloro che si avventurano a commentare i mercati, siano di fatto degli appassionati di zoologia: orsi, tori, colombe e falchi non mancano mai quando si parla di finanza. Ma viviamo in un tempo di difficile lettura, tanto da farci chiedere quale animale potremmo adottare per descrivere lo scenario che abbiamo davanti agli occhi nelle ultime giornate. Pur riscuotendo un discreto successo nel corso di un animato ma civile dibattito, koala e cincillà hanno dovuto cedere il passo alla gazzella. Questo è l’animale che meglio descrive il mercato oggi: la gazzella fragile e guardinga, sempre pronta a sfuggire ai predatori ma costretta a conviverci per procurarsi del cibo.
I sistemi difensivi della gazzella si basano su una notevole acutezza dei sensi, in particolare la vista e l’udito, e una grande velocità e resistenza nella corsa. Una specie in particolare, quella detta “di Thomson”, possiede un segnale di allarme in più: una striscia nera lungo i fianchi, che in caso di pericolo viene percorsa ripetutamente da un fremito, attirando l’attenzione dei compagni di branco. Confido che anche a qualcuno di voi quest’ultimo sistema difensivo ricordi un grafico i cui fremiti delle quotazioni lanciano l’allarme a tutto il branco.
Oggi il fremito in grado di spaventare il branco sembra essere legato al petrolio.
- Il ministro del Petrolio iraniano, Bijan Namadar Zanganeh ha bollato la proposta di congelamento della produzione di greggio come “ridicola” (secondo l’agenzia di stampa locale ISNA). Gli fa eco il ministro Ali al-Naim che ha dichiarato che l’Arabia Saudita possa resistere ad un calo del petrolio fino ai 20 $/bl.
- L’obiettivo principale per entrambi i paesi è difendere la propria quota di mercato il che vanifica qualsiasi tentativo di accordo tra le nazioni, che facciano o meno parte dell’Opec.
- E il petrolio torna a scendere, segnando -12% da inizio anno e -34% sui 12 mesi.
- A questi prezzi, gli USA cominciano a scontare il fallimento delle aziende legate allo shale oil.
Le banche, esposte all’intero settore oil&gas, aumentano gli accantonamenti prudenziali a copertura dei crediti erogati. JP Morgan ha annunciato ieri di aver portato a 1,3 miliardi di dollari le riserve a fronte però di un’esposizione complessiva di 44 miliardi verso il settore. Dato già noto al mercato, ma è bastato il “fremito sul fianco della gazzella”, per spaventare il branco e per far perdere alla banca il 5% in borsa.
Così il grafico dei mercati azionari asiatici punta verso il basso, quelli europei seguono lo stesso percorso di fuga e difficilmente l’America invertirà la rotta nel breve termine. Per quanto le borse siano scese così tanto da inizio anno, non vedo certo un rimbalzo a “V” dei corsi azionari.
I bond volano alto
- Il trasporto aereo si riprende grazie a ristrutturazioni e in parte al petrolio
- La ristrutturazione di Air France/KLM porta i suoi frutti
- Le obbligazioni Lufthansa si apprestano a decollare
Mentre il Bund a 10 anni tocca i minimi di quest’inizio d’anno, per trovare temi di investimento interessanti bisogna muoversi sui corporate.
Le difficoltà delle vecchie compagnie aeree sono ormai ben documentate. Molte di queste illustri ex-leader del settore, dotate di una struttura di costo tanto ampia quanto rigida, sono state sconfitte dall’arrivo di nuovi competitor quali Ryanair e Easyjet.
Di fronte alla crescente concorrenza a livello globale, queste società si sono trovate per anni al centro di dibattiti coi sindacati locali, a causa dei reiterati tentativi di tagliare i costi del lavoro – loro principale voce di costo – proprio per cercare di riconquistare un po’ di competitività. Simbolo più recente di questa escalation di conflittualità sono le famose immagini dei dirigenti Air France-KLM che scavalcano le recinzioni per scappare da una protesta di lavoratori infuriati per l’ennesimo piano di ristrutturazione.
Oggi le compagnie aeree hanno ricevuto un inaspettato quanto significativo sollievo dal collasso dei prezzi petroliferi dell’ultimo trimestre – l’altra importante voce di costo. Soltanto qualche anno fa i prezzi del greggio stavano infatti esasperando le condizioni del mercato del trasporto aereo, acuendo quindi la necessità di rivedere i costi del lavoro e inasprendo appunto le relazioni sindacali.
Probabilmente, la violenta battaglia dei prezzi tra compagnie finirà per esaurire il vantaggio di costo legato al petrolio a buon mercato, lasciandolo in definitiva ai clienti in termini di prezzi dei biglietti ancora più convenienti. Potremmo quindi ben presto tornare a parlare di taglio dei costi e di accese discussioni coi sindacati.
Ciò che ha rincuorato maggiormente gli obbligazionisti tra i risultati di venerdì di Air France-KLM – che ha chiuso per la prima volta in utile dal 2010 – non è stato quindi l’impatto dei bassi prezzi petroliferi (per quanto significativo) quanto piuttosto il successo del programma di ristrutturazione e i livelli di crescita per cui la società si è distinta (soprattutto considerando il contesto economico e regolamentare così sfavorevole). Il prossimo mese ci aspettiamo simili sviluppi anche per Lufthansa – concorrente tradizionalmente più forte di Air France/KLM. In Saxo Bank rinnoviamo quindi la nostra posizione positiva su entrambi i bond.
La gazzella potrebbe cercare rifugio in miniera
In un documento redatto per preparare il G-20 di questo fine settimana, il FMI scrive che la ripresa globale si è ulteriormente indebolita a fronte di un aumento delle turbolenze finanziarie e di un calo dei prezzi degli asset. E annuncia come “probabile” un taglio delle proprie stime di crescita nell’outlook che diffonderà in aprile. Con queste aspettative, Cina che rallenta trascinando con se gli Emergenti e le materie prime – potenziale ulteriore svalutazione dello yuan – timori di deflazioni – banche centrali in difficoltà – una delle poche asset class che potrebbe beneficiarne è l’oro.
Una opportunità può essere investire con un’ottica di 6 – 15 mesi acquistando ETF GDX che viaggia attorno a $ 19 (quotato negli USA) partendo dall’assunto che l’oro abbia toccato il fondo, e immaginando una risalita sino a 1500 dollari. I rischi principali legati all’investimento? Un’economia globale più robusta del previsto, una forte ripresa della Cina, la volatilità…come sempre.
E sul mercato forex?
Se le borse scendono, lo yen si apprezza sulle altre valute perché quando aumenta l’avversione al rischio i giapponesi rimpatriano i capitali e quindi comprano yen. Non si comportano allo stesso modo invece gli investitori svizzeri, che fanno rientrare il capitale solo quando l’incremento del rischio è interno alla zona euro. Rischio quest’ultimo, oggi fortemente legato alle ipotesi di uscita o meno della Gran Bretagna dall’Europa – Brexit, ma anche al fabbisogno di finanziamenti della Grecia entro Maggio e ad una possibile instabilità politica in Portogallo.
L’accordo tra il primo ministro David Cameron e le autorità di Bruxelles, per quanto assai complicato da comprendere per la maggior parte degli elettori inglesi, probabilmente sarà l’arma che l’attuale governo userà per disinnescare la minaccia di Brexit. E Cameron, da politico navigato, non mancherà di rimarcare le conseguenze di un voto a favore della “indipendenza” britannica: incertezza del futuro, perdita di competività per le imprese, perdite di posti di lavoro, ridimensionamento della City come piazza finanziaria, etc.
Nei prossimi giorni potranno essere rilasciati i primi sondaggi sul voto e visto che la sterlina contro dollaro ha superato al ribasso il limite a quota 1,4080, la strada dovrebbe essere aperta ad un ulteriore ridimensionamento contro USD verso quota 1,3600. La debolezza della sterlina, il cui trend rimane comunque ribassista, potrebbe invece compensarsi con un euro in fase calante.
L’euro nel frattempo, in attesa di capire quanto sia concreto il rischio Brexit, comincia a scontare la debole (debolissima in taluni paesi purtroppo) crescita e il rischio politico comunitario che riemerge.
Sempre il Fondo Monetario Internazionale descrive quella Europea come una ripresa graduale, sostenuta in parte da bassi prezzi petroliferi ma avverte: “Bassi investimenti, disoccupazione elevata e bilanci deboli pesano sulla crecita».
Una discesa dell’euro contro dollaro con un test a quota 1,0800 – 1,0850 sembra allora possibile in un contesto di volatilità in crescita.