MILANO (WSI) – La chiusura dei confini decisa dall’Austria e da altri paesi coinvolti nella rotta balcanica dei migranti mina alla base le soluzioni coordinate della cancelliera tedesca, Angela Merkel. Allo stesso tempo, tale situazione potrebbe confermarsi per Merkel un poderoso aiuto nei consensi popolari in patria.
Infatti l’effetto collaterale della chiusura austriaca è stato quello di un drastico calo nell’ingresso dei richiedenti asilo in Germania: mercoledì gli arrivi sono stati 140, a fronte dei 2mila dell’inizio della settimana scorsa. Come ha notato Alan Posener sul quotidiano tedesco “Die Welt”, Merkel “si trova di fronte a un paradosso”: i suoi “oppositori potrebbero limitare l’afflusso di rifugiati in una misura tale da salvare il futuro della cancelliera in Germania”.
Il prossimo 13 marzo tre stati federati tedeschi andranno al voto, e secondo molti l’esito delle elezioni avrà il sapore di un referendum sulla politica delle porte aperte patrocinata dalla cancelliera. Gli ultimi sondaggi sembrano ritornare favorevoli alla linea del governo, dopo mesi di stress dovuto al massiccio afflusso di migranti nel Paese (1,1 milioni solo nel 2015).
Allo stesso tempo le decisioni unilaterali in tema di migrazioni“sono un passo nella direzione della divisione dell’Europa”, come afferma Heinz-Joachim Barchmann, deputato socialdemocratico al Bundestag.
Nel caso austriaco, ad esempio, le domande di asilo prese in esame ogni giorno non supereranno le 80 unità. Nessuno dell’entourage della Merkel sembra felice del fatto che le soluzioni nazionali abbiano preceduto e superato quelle comunitarie. In particolare, scrive il Financial Times, Berlino teme che le mosse austriache possano distruggere l’area Schengen e destabilizzare la Grecia, che sarebbe “intasata” con migliaia di migranti incapaci di proseguire la loro strada verso l’Europa: il rischio è che, abbandonato da Bruxelles, Alexis Tsipras decida di chiedere aiuto alla Russia.
Il commissario europeo per l’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos ha dichiarato ieri che all’Unione Europea restano dieci giorni per vedere diminuire in modo significativo i flussi di migranti provenienti dalla Turchia “o il rischio è che l’intero sistema salti completamente”.
L’Ue, che già ha accordato in favore di Ankara un contributo da 3 miliardi di euro per la riduzione dei flussi, tornerà alle trattative con la Turchia il 7 marzo, a Bruxelles; sarà l’occasione per dimostrare che soluzioni di respiro transnazionale sono ancora praticabili, dopodiché il tempo, probabilmente, sarà scaduto.
Fonte: Financial Times