L’attività manifatturiera degli Stati Uniti ristagna, mentre la produttività industriale è ferma, come ha anche ricordato di recente l’ex presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan. Sull’economia numero uno al mondo pesano un dollaro troppo forte e ‘venti globali contrari’, che rallentano le esportazioni.
Sono i punti principali emersi dal beige book della banca centrale Usa. Un riferimento chiaro della Fed è alla frenata dei mercati emergenti, Cina in primis, e al crollo del prezzo del petrolio, che sta infliggendo un colpo durissimo alle aziende americane attive nel gas di scisto.
Tra le note positive la banca centrale cita le condizioni in miglioramento del mercato del lavoro e del mercato immobiliare, dove le attività edilizie e le vendite di abitazioni residenziali si sono rafforzate.
A giudicare dagli ultimi interventi, secondo gli analisti di Intesa Sanpaolo, “il FOMC a marzo dovrebbe mantenere i tassi fermi mentre valuta l’impatto della restrizione delle condizioni finanziarie e della turbolenza recente”, mantenendo però chiaro che il sentiero dei tassi, se pure molto graduale, resta al rialzo.
A proposito di tassi di interesse, rimasti sullo zero per nove anni in America, grazie a future strette monetarie, sempre secondo la Fed il settore bancario potrà godere di un incremento della redditività. La domanda di prestiti è in lieve e modesta crescita, mentre la qualità del credito si mantiene “stabile”, così come gli stardard di credito, che restano invariati.
Non si possono definire buoni i risultati per la produzione, che la Fed definisce piatta per colpa dell’impatto delle quotazioni del dollaro in aumento, della domanda debole proveniente dal settore energetico e per la prospettiva economica globale di via di deterioramento.