Tutti conosciamo quella sensazione di contentezza che ci prende quando sentiamo di aver fatto l’affare, acquistando qualcosa di tanto ricercato ad un prezzo molto conveniente. Nonostante crediamo che vi siano interessanti occasioni per quanto riguarda l’acquisto di azioni, consigliamo agli investitori di procedere con cautela per evitare l’equivalente, nel mondo degli investimenti, di un “fashion faux pas”: stiamo parlando del tipico acquisto del capo che sembrava essere un must, ma che ha già perso tutto il suo fascino il giorno dopo! Detto questo, abbiamo registrato segnali interessanti provenienti dal mercato.
L’ultimo sondaggio mensile Global Fund Manager Survey della Bank of America Merrill Lynch (BAML), ha rivelato che nel mese di febbraio i livelli di liquidità detenuti dai gestori di fondi hanno raggiunto il picco più alto mai registrato dal novembre 2001. La BAML ha osservato, inoltre, che i livelli di liquidità al 5,6% avevano innescato un segnale inequivocabile relativo agli acquisti, in base alla regola generale del sondaggio secondo cui quando, in media, i livelli di liquidità superano il 4,5% viene generato un segnale di ‘buy’ contrarian.
Tuttavia, il sondaggio ha inoltre mostrato come nonostante il sovrappeso dei gestori sull’azionario sia decisamente crollato, raggiungendo il livello più basso dal 2012, si tratta comunque di un sovrappeso marginale. I precedenti entry point ciclici in asset rischiosi (nel 2002, 2009, 2011) si sono verificati dopo che gli investitori sono andati sottopeso nell’azionario. Così, mentre questo segnale suggerisce che probabilmente non ci troviamo ancora in un territorio del tutto a buon mercato, ci aiuta comunque a delineare la strada che stiamo prendendo.
In un territorio dominato dal 2008 da bassi tassi di interessee crescita lenta, gli investitori hanno mostrato avversione al rischio, adottando titoli azionari ‘bond-proxy’ difensivi nella loro ricerca di porti sicuri e buoni rendimenti azionari. La ricerca di qualità come strategia d’investimento azionaria ha quindi reso bene.
Il rovescio della medaglia sta nel fatto che le azioni value sono state ‘accantonate’. Ad oggi, le azioni value sono straordinariamente a buon mercato rispetto alle azioni growth a livello globale e sono tornate ai livelli della bolla tecnologica del 2000.
In tutte le aree geografiche, le azioni economiche stanno scambiando a livelli di sconto senza precedenti rispetto ai loro simili costosi, vicino al 2 standard deviations al di sotto di 25 anni di storia. Il divario tra la parte più economica del mercato e quella più costosa non è mai stato così ampio.
In passato, quando le azioni value sono state così a sconto, hanno di conseguenza decisamente sovraperformato. Ignorando la bolla tecnologica (che potrebbe falsare positivamente il risultato), l’ottima performance delle valutazioni in seguito a una crisi (ricordiamo il 2003, il 2009 e il 2012), è circa del 20% nei dodici mesi successivi.
Sappiamo che è da un po’ che si sente dire “i titoli value sono convenienti” – e data questa prolungata sottoperformance gli investitori fanno bene ad essere cauti – ma più le valutazioni sono tirate, più l’attrazione verso il processo di mean reversion diventa forte. Non possiamo predire il futuro, ma sicuramente più le loro valutazioni sono tirate, maggiore potrebbe essere la probabilità e la velocità di una nuova primavera?
Ciò che è ancora più interessante è la dispersione delle valutazioni nei vari settori: negli Stati Uniti e in Europa, la dispersione all’interno di uno stesso settore è la più ampia dal 2009.
Secondo una ricerca condotta da Bernstein, “lo spread tra i titoli a buon mercato e quelli costosi all’interno delle industrie è il più ampio mai registrato in Europa, e il secondo più ampio negli Stati Uniti ad eccezione di un mese nel periodo della bolla tecnologica”.
Non solo gli investitori si sono rifugiati numerosi in asset difensivi, ma hanno anche favorito alcune società in particolare all’interno di ogni settore. E questi spread di valutazione tanto estremi non si sono solo concentrati in uno o due settori ma in tanti.
Quando c’è nervosismo nei mercati, gli investitori tendono a concentrarsi solo su alcuni titoli per settore. Inoltre, il gap di valutazione tra i settori su base price-to-book è anch’esso alto.
Crediamo che questa recente ‘economicità’ dei titoli value su una vasta gamma di settori rappresenti un’opportunità significativa. Un rally o una svolta nel sentiment potrebbero verificarsi molto velocemente.
Per noi che siamo investitori con un orizzonte di lungo termine, che fa affidamento a una rigorosa analisi dei fondamentali, i periodi di volatilità come quelli sperimentati quest’anno, rappresentano un buon entry point per acquistare titoli di società sottovalutate e per guadagnare esposizione a titoli value.
[1] Dal 5 all’11 febbraio 2016 sono stati intervistati 198 gestori di fondi con US$591 miliardi di asset in gestione.
[2] Da “Global Quantitative Strategy”: is value dead? No!” di Bernstein, 12 Febbraio 2016.