ROMA (WSI) – Appuntamento a oggi, tra le giornate forse più cruciali che scriveranno la storia della politica monetaria della Bce di Mario Draghi. Mohammed El-Erian, ex Pimco e ora responsabile economico di Allianz, il compito della Bce non sarà affatto facile, in quanto l’istituto fa fronte a un dilemma di non poco conto.
E’ raro che Draghi parli dell’euro o, in generale, di altre valute. Ed è tanto più raro che Draghi parli di guerra valutaria. Nelle consuete conferenze stampa successive all’annuncio della Bce sui tassi, se capita che qualche giornalista gli domandi un commento sull’euro, il banchiere fa ricorso di norma a una privacy tutta britannica, ricordando che il compito dell’istituto non è quello di occuparsi dei rapporti di cambio.
Ma la verità, in un contesto in cui le principali banche centrali del mondo – a parte la Federal Reserve – che non è detto poi che non ci ripensi – hanno ingaggiato una gara per deprezzare le proprie valute, è che Draghi, come spiega El-Erian, la Bce non può ignorare quanto sta accadendo in altre economie. Allo stesso tempo, deve stare attento a non superare un limite molto pericoloso.
Per El Erian il limite è rappresentato da quella situazione in cui si è impantanata la Bank of Japan.
“La Bce è tra l’incudine e il martello, stretta da un lato dalla Federal Reserve – che è capace ma sembra non voler avventurarsi più profondamente nell’adozione di misure di politica monetaria non convenzionali – e dall’altro, dalla Bank of Japan e, anche se in misura minore, dalla Bank of China, che rimane intenzionata a fare di più, ma con misure che appaiono sempre più inefficaci nel sostenere l’attività economica”.
In questo contesto, El-Erian ammette che, “anche se le sue manovre aggiuntive non convenzionali avranno ancora, probabilmente, un impatto nel breve termine, la banca centrale si avvicinerà al punto in cui diventerà sempre più inefficace, rischiando forse di varare misure anche controproducenti”.
In un contesto in cui sono i mercati che comandano, gli investitori danno per certi nuovi interventi di politica monetaria espansiva da parte della Bce, scommettendo sull’espansione del piano di Quantitative Easing e su un nuovo taglio del tasso sui depositi , già negativo.
Tali misure “avvicineranno la Bce alla sua controparte in Giappone, che sta facendo fatica a centrare i target fissati, anche se recentemente ha sorpreso i mercati con misure di stimoli monetari”. Dall’altro lato, la politica monetaria dell’Eurozona prenderà sempre di più le distanze da quelle degli Stati Uniti.
“Sebbene non ci cia alcuna certezza sulla continua potenza di questi esperimenti, le manovre della Bce attese in settimana avrannob probabilmente qualche impatto sul tasso di cambio e sui prezzi degli asset finanziari, così come esiste la possibilità che si abbia qualche ripercussioni positiva anche sull’economia”.
Il guru ex Pimco continua:
“In particolare, (le manovre) aiuteranno a indebolire l’euro, che dunque sosterrà le esportazioni, ed è probabile anche che aiutino i mercati azionari europei ad outperformance, almeno in termini relativi, fattore che aiuterebbe a risollevare le spese per consumi”.
Tuttavia secondo El-Erian gli effetti di breve termine si smorzeranno rapidamente, a meno che non saranno sostenuti da cambiamenti di politica europea più ampi.
Per Erian è necessario che l’Eurozona prenda le distanze dalla dipendenza eccessiva dalla Bce e si muova verso una risposta di riforme strutturali che mettano il turbo alla crescita. Così come è necessario che vengano affrontati i problemi della domanda aggregata, che si gestiscano i casi rimasti di debiti eccessivi e che “l’economia dell’area e l’architettura finanziaria vengano rafforzate”.
Il rischio è anche che la Bce segua il cammino della Bank of Japan. In questo caso l’istituto potrebbe vedere i rischi e i costi della propria politica monetaria più che compensare i vantaggi. Lo stesso caso della Bank of Japan, sottolinea El-Erian, insegna:
“Quando la Bank of Japan ha stupito i mercati settimane fa, inaugurando la politica dei tassi di interesse negativi, probabilmente non aveva anticipato quanto sarebbe avvenuto:
- una valuta più forte (invece che più debole)
- Un sell off sui mercati azionari (invece di un rally)
- Un Parlamento furioso che ha chiesto spiegazioni
- La prova della crescente perdita di connessione tra le banche e le famiglie (ovvero la perdita del potere di trasmissione della politica monetaria)
“Tutto ciò deve ricordare che, al di là di un certo punto, l’attivismo prolungato delle misure non convenzionali delle banche centrali specialmente quando comporta tassi di interesse nominali negativi – può andare oltre l’essere una soluzione di breve termine, provocando complicazioni che non saranno facili da contenere”.
El-Erian conclude:
“Il principale interrogativo da porsi prima del meeting della Bce non deve essere se la Bce farà di più. Perchè la Bce agirà. Piuttosto, la domanda è su quanto velocemente la banca centrale si avvicinerà a quella situazione fatale in cui si trova la Bank of Japan, caratterizzata da una ridotta efficacia delle proprie manovre e da una crescente vulnerabilità politica. Nessuno che ha a cuore le condizioni di salute dell’Europa e dell’economia globale vuole che un’altra banca centrale sistematicamente importante raggiunga quel limite”.
Questo dice l’editoriale di Mohamed El-Erian pubblicato su Bloomberg, poco prima dell’arrivo del nuovo verdetto della Bce.
Intanto l’Eurozona, checché se ne dica, rimane un’economia malata, che arranca da anni, con una crescita a livelli da zero virgola, alle prese con una inflazione che latita da troppo tempo. Il tutto, condito da elevati debiti e/o deficit.