NEW YORK (WSI) – Nel disperato tentativo di assestare gli scambi di yuan sui mercati, la Cina sta seriamente pensando all’introduzione di una Tobin Tax sul valutario. E l’ennesimo tentativo delle autorità del partito comunista al potere di esercitare un maggiore controllo sul suo sistema finanziario, nella speranza di scongiurare le attività di speculazione.
Anche se sul breve la misura dovrebbe riuscire a offrire una certa stabilità nelle fluttuazioni della divisa nazionale sul Forex, va contro i piani di internazionalizzazione del governo di Pechino. Un altro rischio è anche quello di allontanare gli investimenti stranieri e ridurre la liquidità nei mercati valutari.
Una tassa di questo tipo funzionerebbe infatti come sistema di controllo di capitale, rendendo più cara per i correntisti e i risparmiatori l’operazione di trasformazione di depositi in yuan in un’altra valuta straniera. Secondo quanto riferito dalle fonte anonime a Bloomberg, all’inizio il fardello fiscale sarà tenuto a zero, in modo da dare alle autorità il tempo di definire gli ultimi dettagli della Tobin Tax.
Il navigato analista della City londinese George Magnus è convinto che così facendo la Cina perderebbe qualunque minima speranza di combattere e vincere la supremazia del dollaro americano sui mercati e nel commercio internazionale.
Christopher Balding, professore di economia all’Università di Pechino, è convinto che la Cina potrebbe avere in mente un’ulteriore svalutazione dello yuan.
L’idea di Tobin
L’economista macro americano James Tobin ha lanciato l’idea di una tassa sulle operazioni finanziarie negli Anni 70. L’obiettivo dichiarato dell’imposizione di una piccola tassa su ogni transazione era quella di “mettere il bastone fra le ruote” della speculazione incontrollata.
La tassa è appoggiata da alcuni politici di orientamento di sinistra e da tutti quelli che si oppongono all’attuale sistema finanziario, fatto di manipolazioni dei grandi player di mercato e di speculazioni folli.
Il problema, dicono i critici della Tobin Tax, è che andrebbe imposta in tutto il mondo, altrimenti si creerebbero disparità e fughe di capitali da quei pochi paesi che la impongono.
Fonte: Bloomberg