Domanda in rallentamento, battaglie commerciali fra paesi produttori e crescenti riserve di materia prima hanno portato il mercato del petrolio ai cali di prezzo che sono sotto gli occhi di tutti; eppure, secondo quanto scrive la società di consulenza norvegese Rystad Energy, i trend di lungo periodo prefigurano un’inesorabile ripresa dell’oro nero. Infatti, il rapporto fra le nuove estrazioni di petrolio e quelle esaurite ritornerà negativo nel 2016 dopo anni. La velocità con la quale i pozzi esauriscono la propria risorsa varia molto da caso a caso, ma resta vero, in generale, che per mantenere stabili i livelli di offerta complessiva, ogni anno debbono essere avviate nuove estrazioni.
Secondo Rystad Energy il crollo degli investimenti nel settore, seguito a quello dei prezzi, ha drasticamente ridotto il rapporto futuro fra i pozzi in esaurimento e le nuove sorgenti per l’offerta di petrolio. Nel 2016 la produzione esistente perderà circa 3,3 milioni di barili al giorno, mentre l’offerta dei nuovi insediamenti sarà di 3 milioni. Peraltro questi nuovi pozzi saranno sfruttati da progetti pianificati diverso tempo prima del crollo del greggio, negli anni successivi il trend è destinato a divenire ancor più pronunciato. Entro il 2017 il rapporto fra esaurimento e nuove risorse sarà negativo per 1,2 milioni di barili al giorno, per aumentare ancora nel 2018 e nel 2019.
Prima che questo possa tradursi in una ripresa dei prezzi, però, andranno smaltite le grandi scorte di petrolio accumulate: la Energy Information Administration statunitense ha riportato, infatti, che sono 9,4 i milioni di barili di greggio immagazzinati al 23 marzo, un record che manifesta tutti i segni di un eccesso di offerta nel breve termine. La Eia continua a prevedere un eccesso di offerta sulla domanda pari a 1,5 milioni di barili al giorno fino alla fine dell’anno.
Secondo le dinamiche messe in luce da Rystad, però, la riduzione negli investimenti riallineerà domanda e offerta entro il 2017.
Fonte: OilPrice