ROMA (WSI) – Tre quarti degli italiani è contrario alle trivellazioni e all’estrazione di petrolio a 12 miglia dell’area costiera ed è pronto a votare no al rinnovo delle concessioni nel referendum del 17 aprile. Per lo meno lo è chi ha risposto al sondaggio di Demopolis e chi è informato sulla questione. Non sono numerosi, dal momento che sempre secondo l’istituto appena un elettore potenziale su quattro afferma di essere informato sull’appuntamento alle urne.
Allo stesso tempo questo non vuol dire che il tema ambientale ed energetico non stia a cuore agli italiani. Anzi, a giudicare dai numeri pubblicati nella nota della società di ricerche è proprio vero il contrario. È infatti cresciuto di 20 punti, negli ultimi 16 anni, l’indice di attenzione del popolo italiano sulle questioni ambientali. Il dato, rilevato sempre dall’Istituto, era del 43% nel 2000 e raggiunge oggi il 63% con una crescita di oltre 10 punti negli ultimi 5 anni.
Va sottolineato che il quesito referendario, promosso da 9 Regioni con il sostegno di diverse associazioni, non riguarda le attività petrolifere sulla terraferma, né quelle in mare a una distanza maggiore dalle coste. Sulla questione spinosa è bene riportare l’opinione provocatoria di Pietro Ichino (PD), che fa centro sul tema dell’opposizione a oltranza tipica dell’italiano medio ai progetti industriali.
No-Triv: ritorno al Medioevo
“No alle centrali a carbone, perché sono troppo inquinanti; no alle centrali atomiche perché c’è il rischio di fughe radioattive; no alla produzione di energia eolica, perché torri e pale deturpano il paesaggio; no a petrolieri e petroliere, perché i primi sono tutti farabutti e le seconde ogni tanto fanno naufragio devastando mare e coste; no allo shale oil (petrolio estratto da scisti), perché si rovinano le rocce sotterranee; no agli inceneritori dei rifiuti, perché solo in Germania sono capaci di farli funzionare senza inquinamento e qui siamo in Italia; no al metanodotto, perché serve per acquistare gas da Putin, inoltre può avere delle perdite e comunque rovina la spiaggia dove riemerge dal mare (copyright del presidente della Puglia Emiliano); no a bruciare la legna, perché comporta di abbattere alberi; e ora anche no all’estrazione del gas dal fondo del mare – anche se molto oltre l’orizzonte visibile da terra; anche se tutti gli altri Paesi maggiori si avvalgono di questa risorsa a tutte le latitudini e longitudini; anche se questo consentirebbe di avere in giro meno petroliere, meno centrali a carbone, meno pale eoliche, e di acquistare meno gas da Putin e meno energia dalle centrali atomiche francesi – perché le trivelle rovinano il fondo del mare e non siamo sicuri che non inquinino anch’esse”.
“Tutto questo è molto coerente con l’economia del chilometro zero, nella quale non occorre far funzionare fabbriche che consumano molta energia, con persone che arrivano in auto o in treno, per produrre cose che poi vanno spedite in varie parti del mondo, magari in aereo, e che a loro volta consumano energia. Sì, dunque, alla cosiddetta economia curtense, quella artigiana e agricola che si sviluppa per intero intorno alla corte del castello. È chiaro a tutti che questi rifiuti, se li praticassimo davvero in modo rigoroso e coerente, comporterebbero un ritorno al medioevo?”, si chiede e chiede al movimento dei No-Triv retoricamente il politico e giuslavorista Ichino.