ROMA (WSI) – L’hanno ribattezzato la “Grecia americana”: è l’isola di Porto Rico, entrata sotto la giurisdizione degli Stati Uniti, 117 anni fa e che ora si trova nei guai. Lo dimostra chiaramente la performance dei suoi bond, che crollano scontando il rischio di una catena di default. Il crollo è stato il più forte dallo scorso 28 luglio del 2015.
A scatenare il panico tra i detentori di bond, è stata la decisione del governatore Alejandro Garcia Padilla di firmare nella giornata di mercoledì un provvedimento, che conferisce alla sua persona l’autorità di dichiarare lo stato di emergenza a Porto Rico e anche il diritto di congelare i pagamenti sul debito dell’isola, che ammonta a $72 miliardi.
L’apposizione della firma è arrivata dopo due giorni e due notti di dibattiti infuocati tra l’opposizione, che ha definito pericolosa la moratoria sul debito effettuata in modo unilaterale, e i membri del partito di governo, che hanno invece insistito che niente potrebbe essere ormai peggio.
Così il governatore si è espresso:
“Questa legge ci permette di disporre di strumenti adatti a soddisfare i bisogni più prioritari – ovvero di erogare i servizi essenziali ai nostri cittadini”.
Padilla ha anche puntato il dito contro i creditori, colpevoli a suo avviso di ostacolare l’assistenza federale ai cittadini “attraverso un’opera di disinformazione verso il pubblico, e dissuadendo il Congresso dal fare quello che è giusto per i nostri 3,5 milioni di cittadini americani”.
La norma non specifica la data di inizio della moratoria, che sarà stabilita dal governatore. Ma sull’isola incombe il rimborso di un debito, in scadenza il 1° maggio, del valore di ben $422 milioni, e diversi sono i segnali che indicano come il paese non sarà capace e/o non avrà intenzione di ottemperare al pagamento.
A dover essere rimborsati sono i bond emessi dalla Government Development Bank (GDB, Banca di Sviluppo del governo), banca che gioca un ruolo chiave negli scambi finanziari dell’isola, detenendo per esempio i depositi di diverse entità governative. In realtà, proprio la scorsa settimana, erano partite trattative tra i detentori del debito della banca e la banca stessa riguardo a un accordo che avrebbe dato un po’ di tempo all’istituto, in caso di mancato rimborso.
Tuttavia i negoziati si sono conclusi in un nulla di fatto nel momento in cui sono saltate fuori rivelazioni sull’insolvenza della banca e su transazioni presunte che l’istituto stava già intraprendendo per trasferire i depositi ad altre istituzioni finanziarie, allo scopo di congelarli e per impedire la corsa agli sportelli.
La norma precisa che la banca ha appena $562 milioni in cash e la moratoria è stata adottata per aiutare l’istituto a preservare contanti, in modo da poter continuare a finanziare le attività del governo. Questo significa che in ogni caso la banca ‘sequestrerà’ i soldi dei correntisti, e che sull’isola sono ormai in corso controlli serrati sui capitali, proprio per impedire la corsa agli sportelli.
La situazione appare ancora più drammatica se si considera che, stando a quanto ha affermato lo stesso segretario al Tesoro, Juan Zaragoza, il totale dei debiti che il governo centrale e altri enti pubblici devono rimborsare ai fornitori è di 2 miliardi di dollari.