Economia

Banche, nasce il Fondo Atlante: gestirà sofferenze e aumenti capitale

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

ROMA (WSI) – Si chiamerà Fondo Atlante, da 5-7 miliardi di euro circa, che sarà gestito dalla Sgr Quaestio Capital Management: è questo il nuovo salvagente delle banche italiane. E’ quanto ha annunciato una nota della stessa Sgr presieduta da Alessandro Penati in cui si legge che:

“a seguito di incontri nella giornata odierna con un vasto numero di investitori istituzionali, banche, assicurazioni, fondazioni bancarie e Cassa Depositi e Prestiti, Quaestio ha raggiunto un numero di adesioni” tali da permettere il lancio.

Il comunicato continua, spiegando che il Fondo Atlante servirà ad:

“assicurare il successo degli aumenti di capitale richiesti dall’Autorità di Vigilanza a banche che oggi si trovano a fronteggiare oggettive difficoltà di mercato, agendo da back stop facility” e a “risolvere il problema delle sofferenze. L’ammontare di sofferenze che potranno essere deconsolidate dai bilanci bancari sarà di gran lunga superiore a quelle acquistate dal Fondo, in quanto Atlante concentrerà i propri investimenti sulla tranche junior di veicoli di cartolarizzazione, potendo far leva su quelle a maggior seniority per le quali c’è un manifesto interesse da parte degli investitori”.

Il fondo:

“ha l’obiettivo di eliminare l’elevato sconto al quale il mercato valuta le istituzioni finanziarie italiane per via: dello stock di sofferenze quadruplicato dal 2007 a causa della severità della recessione; dei tempi lunghi di recupero dei crediti, molto al di sopra della media europea; dei massicci aumenti di capitale richiesti dalle svalutazioni; dell’incertezza circa la capacità di alcuni istituti di completare con successo gli aumenti richiesti dall’Autorità di Vigilanza”.

Questio, che appunto gestirà il Fondo Atlante, è una società di diritto lussemburghese i cui azionisti sono: Fondazione Cariplo (37,5%), Locke Srl detenuta dal fondatore Alessandro Penati e dal management (22%), Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti (18%), Direzione Generale Opere Don Bosco (15,6%) e Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì (6,75%).

Così il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan:

“il fondo è uno strumento che potrà contribuire a completare il processo di rafforzamento della solidità patrimoniale delle banche italiane e ad accrescere il mercato dei crediti in sofferenza”.

Mentre un premier Renzi trionfante ha affermato, stando a una nota del governo, che:

“questa operazione privata è utile. In Italia esiste un mercato attivo e responsabile che sta affrontando i problemi con risorse proprie, senza chiedere soldi pubblici“.

Il nodo, d’altronde, è tutto lì: nel confine tra il significato della parola pubblica e privata, visto che il nulla osta della Commissione dell’ Unione europea non arriverebbe mai, nel caso in cui ci fosse il sospetto di aiuti pubblici alle banche italiane.

Nella nota dell’esecutivo si legge anche che:

“il Governo ha già fatto molto per ristrutturare un settore dal quale ci aspettiamo adeguato sostegno alla ripresa economica in termini di maggior credito alle famiglie e alle imprese. Nei prossimi giorni renderemo più semplici e più veloci le procedure di recupero in modo che chiunque vanti un credito possa avere fiducia di recuperarlo in tempi ragionevoli”.

Ecco come funzionerà il fondo

La creazione del fondo Atlante viene affrontata oggi dai principali mezzi di informazione a livello mondiale.

Il Financial Times fa riferimento al contributo da 5 miliardi di euro che verrà versato dalle banche italiane, al fine di “aiutare le banche più deboli”, “per calmare la crescente preoccupazione sulla stabilità del settore bancario della terza economia dell’Eurozona”.

Si parla di un fondo di bailout, perchè tale è. Non sarà stato certo un caso, poi, la scelta del nome: Atlante, come il dio della mitologia greca che regge la volta del cielo sulle proprie spalle.

Unicredit, Intesa SanPaolo e Ubi Banca finanzieranno il fondo con una iniezione di un miliardo a testa circa: proprio questi titoli hanno guadagnato +15% circa nelle ultime tre sedute, sulla scia di indiscrezioni riguardanti il raggiungimento di un possibile accordo. Che è arrivato, dopo trattative convulse che solo nella giornata di ieri sono durate sei ore. D’altronde, la zavorra dei crediti deteriorati di 360 miliardi di euro, non era più sostenibile.

Attualmente, è necessario un tempo di otto anni in Italia per il recupero dei crediti deteriorati, a fronte di una media, nell’Unione europea – come scrive il Financial Times – di 2/3 anni.

Detto questo, il fondo Atlante sarà comunque partecipato dallo stato, sebbene in modo indiretto, attraverso la Cassa depositi e prestiti, che farà la sua parte convogliando nel veicolo 500 milioni.

Il fondo nascerà nel mese di maggio e advisor dell’operazione saranno lo studio Erede e Merrill Lynch di Marco Morelli, mentre si è chiamata fuori Mediobanca.

Una volta formato, il capitale di Atlante sarà utilizzato per gli aumenti di capitale delle banche, in primis per le due banche venete Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Nel caso in cui il collocamento di azioni da parte di questi due istituti non dovesse essere interamente sottoscritto, interverrà infatti Atlante per farsi carico dell’inoptato. Il 30% del capitale del fondo servirà inoltre per risolvere i crediti deteriorati delle due banche venete e di MPS.

Il Fondo non sarà eterno, ma avrà una durata di cinque anni, con la possibilità di una proroga di altri tre anni.

Con annuncio fondo salta fuori il Texas Ratio: numeri monstre per le banche italiane

Per la prima volta, con il fondo Atlante, vengono messi in evidenza anche tutti i numeri attinenti ai crediti deteriorati delle banche italiane, a fine 2015. Quello che viene fuori è un bollettino di guerra, soprattutto se si considera il Texas Ratio, l’indice che misura il livello di rischio della banca con il rapporto tra i debiti netti deteriorati e il patrimonio netto tangibile.

Di conseguenza più elevato è il valore di questo rapporto, peggiori sono le condizioni in cui versa l’istituto. E si apprende così che il Texas Ratio di Mps è al record del 262%; Popolare di Vicenza e Veneto Banca hanno ratio rispettivamente del 210,9% e del 225,7%, Carige al 165,2%. Intesa-Sanpaolo ha un indice dell’81,4% e Unicredit dell’87,8%, mentre riguardo a Bpm e Banco Popolare, le banche che sono riuscite a siglare un accordo di fusione che darà vita al terzo polo bancario, la prima riesce a salvarsi con un indice all’80,7% , mentre BP deve fare i conti con un ratio di ben il 217,9%.

La critica di Paolo Fior: pronto soccorso che sa molto di pubblico

Paolo Fior, giornalista de Il Fatto Quotidiano, fa notare come il pronto soccorso dei privati alla fine sappia molto di pubblico. Così scrive:

Tutto molto bello, nobile e giusto, ma non si tratta esattamente di ciò che un privato dovrebbe dire. E anzi, proprio queste finalità “pubbliche” così conclamate, rischiano di creare qualche problema, perché se è vero che Quaestio sgr è una società privata e che gli investitori del fondo saranno tutti privati (a eccezione della Cassa depositi e prestiti che dovrebbe però avere un peso non preponderante nel fondo per evitare appunto l’accusa di aiuti di Stato alle banche), è anche vero che i privati dovrebbero investire con una logica di profitto e non di mero supporto a un sistema in difficoltà.

I commenti degli analisti

In un’intervista rilasciata a Bloomberg TV, Bob Parker, consulente senior di Credit Suisse, afferma:

“Il sistema bancario italiano è sottocapitalizzato, ha livelli troppo elevati di crediti deteriorati, molte banche sono state caratterizzate da una gestione debole e l’impatto esconomico è stato negativo, in quanto le banche non sono abbastanza forti da fornire crediti. Un reboot del sistema bancario è molto importante, risolvere questi crediti deteriorati è molto importante. Non accadrà nell’arco di una sola notte”.

Sempre intervistato da Bloomberg, parla Marco Elser, socio di Lonsin Capital:

“Si tratta di un passo molto, molto buono, che va nella giusta direzione. (Ma) non penso che 5 miliardi saranno sufficienti”.