ROMA (WSI) – Oltre all’enorme debito che zavorra i conti pubblici e che le rende osservate speciali di Ue e Bce, la Grecia e l’Italia hanno un altro elemento in comune: la relazione pericolosa tra banche, politici e media.
Nel caso dell’Italia, ad affrontare l’argomento è stato recentemente Luigi Zingales, economista e professore alla University of Chicago Booth School of Business, a Chicago, editorialista di fama anche per quotidiani e settimanali italiani. Zingales dimostra come diversi siano i giornali italiani che si inginocchiano al volere delle banche, presentando alla fine una realtà distorta che certamente stride con il concetto di libertà di stampa.
Per Zingales, il problema della stampa che non riesce più a essere libera e finisce al servizio degli interessi degli inserzionisti pubblicitari si manifesta in tutta la sua gravità nel momento in cui i mezzi di informazione versano in condizioni finanziarie precarie. E’ così che, tra l’altro, funzionano le cose: “quando i debitori si trovano in difficoltà economiche o finanziarie, i creditori hanno una grande influenza sulle loro decisioni”. Zingales continua: Non c’è ragione di credere che per i quotidiani le cose vadano diversamente (…) Le banche potrebbero – almeno in linea di principio – ottenere dunque un potere rilevante sulla diffusione di alcune notizie attraverso la carta stampata, grazie ai prestiti che erogano (a favore degli stessi giornali, in qualità di inserzionisti pubblicitari)”.
L’economista italiano passa poi dalla teoria ai fatti, chiedendosi se il suo ragionamento sia confinato alla semplice possibilità valutata a livello accademico o se esista una base empirica. E la sua ricerca snocciola risultati interessanti. Intanto, come chiaramente riportato nella tabella di cui sotto, “molti quotidiani italiani sono in perdita e/o sono pesantemente indebitati”.
Ma, “anche quelli che non sono pesantemente indebitati, hanno motivo di essere influenzati dagli interessi delle banche. Per esempio, il Messaggero e Il Mattino sono di proprietà di Caltagirone, industriale che detiene anche una rilevante partecipazione in Unicredit, una delle due principali banche in Italia. Editoriale Espresso è controllato dalla famiglia De Benedetti che, durante il periodo preso in considerazione, ha dovuto rinegoziare con le banche per garantire il futuro a una società di cui detiene il controllo (Sorgenia). L’unico quotidiano che non è molto indebitato o molto dipendente dalle banche per altre ragioni è Il Fatto Quotidiano“.
Partendo da questi dati , Zingales studia il modo in cui i giornali hanno coperto la notizia della riforma delle banche popolari voluta dal governo Renzi – che non è piaciuta in generale al settore bancario – e il lancio del fondo Atlante (che invece ha fatto gli interessi delle banche).
“Ho ripreso tutte le notizie che sono apparse nei dieci principali quotidiani italiani nei primi nove giorni dall’annuncio di entrambi gli eventi, con l’aiuto di un assistente di ricerca per classificare gli articoli in base al loro contenuto. Un articolo è considerato positivo (+1) se contiene giudizi positivi in modo esplicito”.
Ne è emerso, che in data 11/4/2016 il Messaggero ha pubblicato un articolo in cui definitiva il fondo Atlante “un risultato magnifico”. Il 20/4/2016 La Repubblica scriveva che “alle tante voci in favore di Atlas, da Draghi all’Fmi, dal G20 al ministro Schaeuble, si aggiunge quella autorevole di Jean-Claude Trichet (ex numero uno della Bce). Zingales fa notare che “un articolo è considerato neutrale se si limita a descrivere semplicemente il fondo, come è stato nel caso dell’articolo di Conti su Il Giornale del 13/4/2016. Un articolo viene considerato critico se alimenta invece dubbi sul modo in cui il fondo dovrebbe operare per realizzare l’obiettivo prefissato. Per esempio, l’articolo del 12/4/2016 su “Il Fatto Quotidiano” titolava “Troppe sofferenze ma pochi soldi: il peso che schiaccia Atlante“. Per stabilire cosa debba essere un giudizio obiettivo, ho anche raccolto le opinioni pubblicate in sei principali quotidiani stranieri”.
E il risultato è che “i quotidiani italiani sono fortemente a favore del fondo Atlante, mentre quelli stranieri sono per lo più contro. L’opposto è vero per la trasformazione delle banche popolari: in media i quotidiani italiani sono contro, mentre i quotidiani stranieri sono decisamente a favore”.
Ma l’Italia non è certo l’unica a presentare questo fenomeno. Un articolo di KeepTalking Greece fa luce sulla stessa distorsione presente in Grecia, dopo la decisione della Commissione parlamentare di inchiesta, lo scorso mercoledì, di indagare sul modo in cui le banche hanno erogato finanziamenti e hanno speso in inserzioni pubblicitarie a favore di diversi partiti politici e gruppi di media, nel corso degli ultimi dieci anni. E’ stata così accolta la richiesta della parlamentare Annetta Kavvadia, un tempo giornalista, secondo cui “nel 2015 il 70% delle spese pubblicitarie delle banche è stato distribuito tra cinque organi di stampa”.
Per Kavvadia era ed è fondamentale che i cittadini greci abbiano il diritto di sapere che, mentre dicevano stop ai prestiti a favore delle piccole e medie imprese, le stesse banche pubblicavano inserzioni pubblicitarie, tra l’altro nei mezzi di informazione a cui in precedenza avevano erogato finanziamenti (che evidentemente poi tali media non erano stati capaci di rimborsare).
Per capire come stanno le cose in Grecia, KeepTalkingGreece ha riportato l’intervista rilasciata da Giorgos Pleios, responsabile del dipartimento di Studi sulla comunicazione e sui media presso la National and Kapodestrian University di Atene, che ha così spiegato la situazione:
“La Grecia è uno di quei paesi dell’Europa del sud dove esiste una stretta relazione e interdipendenza tra i media e il potere politico – e anche economico – sia a livello istituzionale che ideologico. (…) I proprietari dei mezzi di informazione in Grecia – proprietari anche di altre attività nel settore delle costruzioni e cantieristico, nuove tecnologie e servizi sanitari) tendono a fornire un sostegno politico ai partiti, specialmente a coloro che sono al potere o che hanno la probabilità di formare un nuovo governo. Dall’altro lato, i partiti politici in Grecia tendono a dare un sostegno finanziario e amministrativo ai proprietari dei mezzi di informazione e alle aziende che sono di proprietà dei cosiddetti ‘oligarchi’, in cambio del loro sostegno politico”.
Nel 2016, l’Italia è scivolata al 77esimo posto nella classifica di Reporters Sans Frontieres, su 180 paesi esaminati. La Grecia si trova all’89esimo posto. Forse ora si sa meglio il perchè.