Economia

Italia paradiso fiscale? L’accusa dell’Ue dopo stop tasse sui brevetti

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ROMA (WSI) – L’Italia fa la “furba” e annulla le tasse sulla proprietà intellettuale con lo scopo di attirare aziende e multinazionali in cerca di condizioni fiscali più favorevoli.  Un atteggiamento “vergognoso”, un “esempio di ipocrisia dei paesi Ue” – come affermano alcuni europarlamentari, nello specifico Sven Giegold dei Verdi e Fabio de Masi della Linke – “che ufficialmente dichiarano guerra all’evasione fiscale e poi dietro le quinte individuano delle nuove scappatoie”.

A spiegare la situazione è un articolo de La Repubblica a firma di Tonia Mastrobuoni che ricostruisce i fatti. L’Ue, si sa, ha come obiettivo principale quello di armonizzare le legislazioni dei vari paesi membri, specie in tema di evasione e paradisi fiscali, un problema venuto ancora più prepotentemente alla luce dopo lo scandalo dei Panama Papers.

La diversità di tassazione, come sostiene anche la Commissione europea – e si legge nell’articolo – “è un problema politico” perché se un paese introduce un sistema fiscale agevolato “danneggia inevitabilmente tutti gli altri”. L’esempio è quello dei marchi e brevetti.

Si parla infatti dei patent box regime, ossia dei sistemi fiscali agevolati proprio per brevetti, marchi e software protetti da copyright, molto appetibili proprio per quelle multinazionali disposte a spostare le loro sedi nei paesi dove pagano meno tasse. Come spiega l’articolo:

“E’ stato il caso di Pfizer, il colosso farmaceutico del Viagra: quando tentò di conquistare la britannica Astra Zeneca, sembrò motivata soprattutto dalla tassa britannica sui “patent” del 10%”.

A livello comunitario è dal 1997 che a Bruxelles esiste un gruppo che ha elaborato un Codice di condotta per la tassazione sulle imprese. A novembre 2014 il gruppo – collaborando con l’Ocse – ha deciso che i “patent regime” dei paesi Ue debbano convergere verso un regime fiscale più armonizzato e chiudere i paradisi fiscali che permettono ad aziende e multinazionali di evadere il Fisco.

Da qui la “trovata” tutta italiana: nel momento in cui l’Europa bandisce i patent box regime, il governo di Roma ne introduce uno, annullando le tasse sulla proprietà intellettuale, attirando così le critiche da più parti. Come scrive Repubblica:

“Approfittando del periodo-ponte che sarà concesso fino al 2021 ai Paesi membri per adeguarsi all’armonizzazione, il governo Renzi, dopo anni di beato sonno, ha deciso di annullare le tasse sulla proprietà intellettuale, per attirare qui le aziende e le multinazionali in cerca di condizioni fiscali migliori. Il decreto è stato approvato l’anno scorso e il gruppo del Codice di condotta sottolinea che è “incompatibile” con la tentata convergenza su quei tipi di regimi fiscali. Mentre l’Europa intera cerca di andare in una direzione, Roma ha deciso di andare in quella opposta”.

Molto critico sulla scelta dell’Italia di cancellare le tasse sulla proprietà intellettuale, Sven Giegold, europarlamentare dei verdi che come riporta Repubblica afferma:

“Il patent box italiano è un altro esempio dell’ipocrisia dei Paesi Ue. Ufficialmente dichiarano la lotta all’evasione fiscale, dietro le quinte bloccano ogni progresso e creano anzi nuove scappatoie (…) Dobbiamo mettere fine al dumping fiscale, in Europa”.