MILANO (WSI) – La precarietà oggi è la componente principale del mondo del lavoro in cui dietro la maschera di lavoratori autonomi, che non possono godere di tutta una serie di diritti, dalla ferie alla maternità fino al Tfr, si celano in realtà veri e propri rapporti di lavoro subordinato e dipendente che fanno bene solo alle aziende e calpestano i diritti dei lavoratori.
L’ultima storia che racconta questa triste realtà arriva da Milano dove ha sede principale ma è attiva in tutta Italia la Consulmarketing, azienda specializzata nella raccolta di dati per ricerche di mercato. Nel marzo scorso – secondo quanto racconta un articolo de Il Fatto Quotidiano – l’azienda ha aperto le procedure di licenziamento collettivo per 465 dipendenti su un totale di 1.134 addetti ma, beffa delle beffe, ha offerto a questi stessi dipendenti contratti di lavoro autonomo. La società difende il suo operato lamentando la crisi attuale che vive.
“Il mercato è in forte flessione verso il basso e la perdita del fatturato nell’anno 2015 è stata di 1,5 milioni di euro (…) un calo che ha evidenziato la necessità di ridurre i costi fissi non più sostenibili (…). La società al fine di ridurre gli impatti della presente procedura sul piano sociale, è disponibile a offrire, limitatamente ai dipendenti del settore rilevamenti, dei contratti di lavoro autonomo, nell’ambito del divisato progetto di esternalizzazione di tale attività (…) una proposta di lavoro subordinato che prevede un compenso garantito e una parte variabile incentivante per i collaboratori: tali proposte sono state scartate dai sindacati i quali non hanno nemmeno prospettato ai lavoratori le due possibilità”.
Da qui la guerra aperta con i sindacati Filcams Cgil e Uiltucs Uil che hanno proclamato uno sciopero di cinque giorni, da ieri 30 maggio fino al 4 giugno, indicando la proposta della Consultmarketing come “provocatoria e inaccettabile”. Gianni Duca, rsa Uiltucs Ui, afferma:
“La proposta dell’azienda fatta anche a seguito di una nostra disponibilità ad modello organizzativo che aumentasse produttività oraria, è stata provocatoria, irricevibile e tecnicamente inaccettabile. Le deroghe al contratto proposte farebbero sì che il compenso mensile garantito, così come proposto, equivalga a 40 ore mensili, per una retribuzione netta di circa 200 euro, uno stipendio base molto basso. E questo renderebbe tutti i lavoratori ricattabili (…) I lavoratori hanno già fatto molti sacrifici negli anni passati, i problemi economici derivano anche dalla cattiva gestione dell’azienda. I licenziamenti, con l’offerta di lavoro autonomo, sono solo un espediente per abbassare le tutele dei dipendenti. E’ una forzatura lesiva delle dignità della persona”.