ROMA (WSI) – Si potrà andare in pensione tre anni prima e grazie a un prestito con scadenza più lunga si subirà un taglio dell’assegno pensionistico relativamente modesto, del 3% e non del 5% come era stato previsto in precedenza dal governo. Tuttavia non per tutti risulterà conveniente per il proprio portafoglio.
Secondo le ultime indiscrezioni stampa, il ministero del Lavoro sta mettendo a punto una serie di misure per cambiare il sistema previdenziale e permettere ai lavoratori di lasciare l’impiego a 63 anni e sette mesi anziché 66 anni e sette mesi.
Le male lingue diranno che è l’ennesimo favore fatto alle banche. Chi vuole smettere di lavorare tre anni prima, infatti, dovrà chiedere un prestito in banca. E dovrà fare bene i calcoli per assicurarsi che i costi non superino i benefici.
Il sistema di uscita anticipata è stato ribattezzato dal premier Matteo Renzi “Ape”. Ancora non se ne conosce la versione definitiva ma sui giornali come sul Messaggero, iniziano a emergere i primi dettagli. E si capisce che è una manovra pensata più per favorire le fasce più deboli della popolazione.
“I lavoratori potranno ottenere un prestito che sarà concesso dalle banche ma pagato mensilmente dall’Inps – scrive Andrea Bassi sul quotidiano romano – quando poi matureranno l’età per la pensione dal loro assegno verrà sottratta una rata per rimborsare questo prestito che ha consentito l’anticipo dell’uscita dal lavoro”.
Per riuscire a “mantenere la rata in un range massimo tra il 3% e il 5% per ogni anno di anticipo”, lo Stato ha deciso che seguirà un’opzione rischiosa: quella di legare i pensionati alle banche per vent’anni di rimborsi.
La riforma che introduce l’uscita anticipata vale sia per i dipendenti privati sia per quelli pubblici, spiegano gli organi stampa. Per tutelare i redditi più bassi, lo Stato si farà carico del rimborso della parte capitale del prestito e degli interessi imposti dalle banche. Questi ultimi verranno restituiti al pensionato attraverso una detrazione fiscale.
Diverso il discorso per i redditi più alti per cui l’offerta è decisamente meno conveniente. In questo caso i costi per la restituzione della parte capitale e degli interessi saranno tutti sulle spalle del pensionato che ha deciso di abbandonare il lavoro con tre anni di anticipo.
“In questo caso la penalizzazione per ogni anno di anticipo sarebbe decisamente maggiore e potrebbe arrivare anche all’8-9%, rendendo decisamente poco conveniente aderire all’anticipo pensionistico”.
Fonte: Il Messaggero