NEW YORK (WSI) – “Per molti clienti americani Mossack Fonseca offriva una guida operativa su come evadere le tasse statunitensi e le leggi sulla trasparenza finanziaria”; così il New York Times definisce parte delle attività dello studio legale al centro dello scandalo Panama Papers, dopo una profonda analisi dei documenti fuoriusciti dallo studio legale.
Sono stati almeno 2.400 i clienti statunitensi assistiti negli ultimi dieci anni, con almeno 2.800 conti creati per loro conto e 40-70 miliardi di dollari evasi, sostiene il quotidiano.
Fra le procedure tipiche di Mossack Fonseca erano incluse la “localizzazione di individui residenti in giurisdizioni convenienti ai fini fiscali per il ruolo di proprietario-prestanome di conti offshore”, scrive il quotidiano, “oppure si incoraggiava un cliente, che fosse cittadino americano, ad utilizzare il suo passaporto estero per aprire conti offshore, al fine di evitare, anche qui, lo scrutinio delle autorità”.
Non solo: se una banca contattata dallo studio legale iniziava a fare troppe domande sui dati dei clienti, si passava al prossimo, meno solerte istituto. Si trattava di frode legalizzata? Non esattamente.
Gli esperti contattati dal giornale newyorchese non si avventurano nell’accusare apertamente di illegalità le pratiche dello studio legale, dato che in merito non sono emerse ancora prove nette ed evidenti, ma in molti sono rimasti sorpresi dei toni espliciti che Mossack Fonseca aveva con in clienti mentre lavorava per permettere loro di evadere il fisco americano.
Da parte sua, lo studio legale ha ripetutamente reclamato il suo ruolo di vittima nella storia del leak che ha portato alla luce i Panama Papers, e rivendicando il rispetto delle leggi nello svolgimento delle proprie attività.