Se c’è qualcosa che la Fed di Janet Yellen vuole fare – anche più che alzare i tassi, è rassicurare gli investitori di tutto il mondo sul fatto che ha ancora il controllo della situazione. E che è credibile. Peccato che, in questo intento, sta fallendo miseramente.
Alla fine del meeting del Fomc – il suo braccio di politica monetaria – la Fed ha deciso, come largamente previsto, di lasciare i tassi invariati, nel range compreso tra lo 0,25% e lo 0,50%. Le sue dichiarazioni hanno seminato tuttavia ulteriore incertezza tra gli investitori, scatenando una corsa ai beni rifugio come oro e Treasuries Usa e vendite su Wall Street e sul dollaro.
Riferimento alle condizioni del mercato del lavoro, con – si legge nel comunicato della Fed- il tasso di disoccupazione che è sceso, ma con la creazione di nuovi posti di lavoro che è scesa anch’essa. In generale – ed è questo uno dei punti che hanno mandato nel caos i mercati – la Fed ha affermato che il mercato del lavoro comunque “migliorerà”, riducendo tuttavia le previsioni sulla traiettoria delle possibili manovre restrittive previste.
- Di fatto, le previsioni sui fed funds a fine 2017 sono state ridotte dall’1,9% di marzo all’1,6%
- Sei funzionari della Fed prevedono inoltre un solo rialzo dei tassi nel 2016, mentre nel meeting di marzo una stima del genere era stata presentata da un solo membro del Fomc. La stima mediana continua comunque a prevedere due manovre restrittive nel 2016.
- Nonostante ciò, la Fed parla di una crescita dell’attività economica che sembra aver accelerato il passo.
- Arriva poi l’ennesima contraddizione. Ora le previsioni mediane della Fed sul Pil Usa del 2016 sono del 2%, riviste al ribasso rispetto al +2,2% di marzo.
- L’inflazione continua a viaggiare al di sotto del target fissato al 2%, in parte per la zavorra dei prezzi energetici.
- Il Fomc ripete che continuerà a monitorare gli sviluppi economici, finanziari e inflattivi.
- Il mercato immobiliare continua a migliorare, così come la spesa delle famiglie si è rafforzata.
E tuttavia, come ben spiega il grafico di cui sopra, la Fed ha operato un taglio notevole alle sue aspettative sui tassi, sia per il 2017 che per il 2018. Ora, i funzionari prevedono tre manovre restrittive in ognuno di quegli anni, in calo rispetto ai quattro ad anno, attesi nella riunione di marzo.
Indicativi i chiarimenti – che hanno ulteriormente confuso i mercati – arrivati dal numero uno della Fed Janet Yellen, nella conferenza stampa. In un certo senso, Yellen ha confermato quanto aveva già in precedenza affermato l’ex segretario al Tesoro Larry Summers – che nel 2013 perse la corsa alla carica di presidente della Fed proprio contro Yellen -.
Yellen ha parlato infatti della possibilità che i tassi vengano zavorrati da “fattori che non spariranno rapidamente, ma che faranno parte di un “New Normal”, ovvero di un “Nuovo Normale”. Ed è da diversi anni che Summers afferma che gli Usa e altri paesi avanzati sono ormai intrappolati in una “stagnazione secolare”, contraddistinta da una crescita economica praticamente assente.
Parlare di morte di banche centrali potrebbe apparire eccessivamente pessimistico, ma una cosa è certa. Le banche centrali si stanno prodigando da anni a riportare la crescita delle economie almeno al loro potenziale. E in questo senso stanno fallendo miseramente. Finora, l’unica cosa che sono riuscite a fare, è stato limitare forse i danni – anche se per molti economisti che temono per esempio la bolla dei titoli di stato in Eurozona, in realtà li hanno in realtà creati – sostenendo piuttosto i mercati finanziari.
Ma i mercati stessi ora non accolgono più con favore, almeno non come in precedenza, le rassicurazioni delle banche centrali. Basti pensare all’altro meeting flop delle ultime ore di un’altra banca centrale: quello della Bank of Japan. Che si è tradotto in un apprezzamento monstre dello yen, scatenando il panico sulla Borsa di Tokyo. E a come le promesse della BCE di sostenere i mercati in caso di Brexit non stiano affatto rasserenando gli animi.