ROMA (WSI) – Ancora non è stato approvato ma fa già discutere il nuovo strumento ideato dal Governo per tentare di arginare l’emorragia creata dalla riforma Fornero nella previdenza italiana. Parliamo dell’Ape, l’anticipo pensionistico che il ministro Poletti e il sottosegretario Tommaso Nannicini hanno presentato ieri al tavolo di confronto con i sindacati.
Come funziona l’Ape?
L’anticipo pensionistico funzionerebbe così: chi decide di lasciare il lavoro tre anni prima del tempo previsto per l’accesso alla pensione di vecchiaia – ossia 66 anni e 7 mesi – riceverà dall’Inps un assegno mensile che funzionerà come un prestito, da restituire in 20 anni alla banca convenzionata. I potenziali beneficiari saranno nei primi tre anni (2017-2019) i lavoratori delle classi 1951-1953, quelli che quindi avranno più di 63 anni e meno dei 66 e sette mesi necessari per andare in pensione di vecchiaia. Dal 2018 la platea verrà estesa ai lavoratori della classe 1954 e nel 2019 i nati nel 1955.
Quanto peserà la rata del prestito sulla pensione?
La misura degli interessi è ancora da definire ma il Governo ha dichiarato di voler introdurre delle detrazioni fiscali per quelle categorie di lavoratori che necessitano di maggior tutela- come esodati, coloro che hanno bassi redditi, lavoratori soggetti a ristrutturazioni aziendali – che potranno così ridurre o addirittura azzerare i costi.
Intanto a fornire le prime simulazioni su come sarà l’Ape è Progetica, una società indipendente di consulenza che ipotizza un tasso di interesse all’1,5%. La società prende ad esempio un lavoratore nato il 1° giugno 1953, con reddito netto mensile da 2.000 euro e che avrà quasi probabilmente una pensione di vecchiaia di circa 1.703 euro. Se sceglie l’Ape e anticipa l’uscita di tre anni, quindi il 1° gennaio 2017 anziché a maggio 2020, avrà un assegno decurtato del 10%, pari a 1.542 euro. Dopo i primi tre anni, dovrà cominciare a restituire il prestito con rate pari a 240 euro che alleggeriranno il suo assegno mensile a 1.301 euro per vent’anni. Trascorso questo lungo arco di tempo – arrivando così a quasi 87 anni- l’assegno ritornerà a 1542 euro rispetto ai 1703 potenziali che avrebbe avuto senza scegliere l’Ape.
Altre simulazioni, come quelle elaborate dalla Uil- Servizio politiche previdenziali, ipotizzano invece un tasso di interesse più alto, addirittura del 3%. Prendendo ad esempio un pensionato che guadagna 2.500 euro netti mensili, scegliendo l’Ape rischia “un taglio dell’assegno fino al 20%” e una rata di restituzione pari a un quinto della sua pensione netta e al 15% di quella lorda. “Se così fosse, l’anticipo non sarebbe conveniente per il lavoratore ” – dice il segretario confederale Domenico Proietti.
Fonte: Repubblica