Economia

Elezioni Spagna: destino segnato. Il paese non sfuggirà all’austerity

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La Spagna, con una crescita del 3,2% nel 2015 è fra i Paesi europei dal passo più spedito, eppure una scomoda realtà grava sulle spalle di questa ripresa, a pochi giorni dal giorno – il prossimo 26 giugno – in cui gli spagnoli si recheranno alle urne: dal 2008 a oggi Madrid ha sforato ininterrottamente il tetto del deficit al 3%; soltanto nel 2015 il deficit è stato pari a ben il 5,1% del PIL.

Il prossimo governo, che emergerà dalle elezioni di domenica prossima, si troverà di fronte a un’alternativa: compiere i tagli da otto miliardi di euro di spesa pubblica chiesti dalla Commissione europea, oppure affrontare le sanzioni di Bruxelles.

Entrambe sono pessime alternative per le forze politiche, alla ricerca del consenso di un popolo largamente avverso a ulteriori misure di austerity.

Non è un caso che il premier uscente, il popolare Mariano Rajoy, sia stato notevolmente danneggiato dalla pubblicazione di una sua missiva riservata diretta all’Europa, nella quale rassicurava sul fatto che un governo da lui guidato avrebbe messo in atto i tagli richiesti per rientrare dal deficit eccessivo.

“Nella seconda metà dell’anno, con un nuovo governo, siamo disposti ad adottare nuove misure”, scriveva Rajoy; le forze della sinistra, quella socialista e quella anti-sistema rappresentata da Podemos, hanno avuto gioco facile nell’allontanare gli elettori dalla prospettiva di nuove misure liberiste.

Il problema dei conti, per quanto sia oscurato dalla campagna elettorale spagnola, resta reale. Di fatto, che si tratti delle promesse di spendere di più, come quelle di Podemos, o che si tratti di quelle di tagli delle tasse, come quelle dei popolari di Rajoy, il risultato non cambia: non sono compatibili con gli impegni che la Spagna ha preso con l’Unione Europea. Non conviene a nessuna delle forze politiche parlarne, ma sarà il primo dei problemi all’indomani delle elezioni di domenica prossima.