Gli indicatori anticipatori suggeriscono che l’attività economica globale rimane debole, dopo il fiacco recupero dallo scoppio della crisi finanziaria internazionale. Nel frattempo, nelle economie occidentali i tassi d’interesse si aggirano attorno allo zero e lo stesso vale per i rendimenti reali delle obbligazioni con scadenze più lunghe. L’inflazione sembra destinata a salire verso la fine dell’anno, mentre le pressioni inflazionistiche di base rimangono al momento modeste.
L’attività economica negli Stati Uniti non sta galoppando. Il settore manifatturiero deve ancora fare i conti con il dollaro forte e la debolezza all’estero e la fiducia nel settore dei servizi ha subito un calo. Inoltre, la crescita della produttività è in stallo e le prospettive di investimento rimangono deboli sullo sfondo della diminuzione dei profitti e dei tassi di utilizzo della capacità produttiva relativamente bassi.
Il deludente report di maggio sul mercato del lavoro implica che un aumento dei tassi a giugno sia fuori discussione: tutto sommato, i leader politici statunitensi mostrano di non avere fretta di operare un rialzo degli stessi. La combinazione tra crescita modesta e inflazione sotto il livello programmato significa che la Fed continua ad adottare un approccio prudente e attendista, così come sta avvenendo da diversi anni.
L’economia dell’area euro a inizio anno è cresciuta in maniera solida. Detto questo, la ripresa è ancora lontana dall’essere significativa e alcuni freni strutturali rimangono forti. Nonostante il nuovo accordo politico siglato a fine maggio, la situazione greca resta strutturalmente irrisolta. La fiducia nelle politiche economiche è molto bassa in un numero significativo di Stati membri dell’UE.
L’agenda politica di questo mese è dominata dal referendum sulla Brexit, che dovrebbe risolversi con una permanenza di Londra nell’Unione ma non è un passaggio scontato. Nuove elezioni si terranno in Spagna, dove la formazione di una coalizione potrebbe ancora rivelarsi difficile. Nella sua conferenza stampa di giugno, la BCE è rimasta ferma sulle sue posizioni in attesa degli effetti delle misure di politica monetaria annunciate nel mese di marzo.
Draghi, nel frattempo, ha lasciato la porta aperta a ulteriori azioni da compiere in un secondo momento, ma deve essere chiaro che l’opposizione sta crescendo e che l’allentamento monetario non può essere considerato come la panacea di tutti i mali in una situazione di trappola della liquidità.
Il sentiment nei confronti dei mercati emergenti è migliorato in questi ultimi mesi sullo sfondo della stabilizzazione del dollaro e di un miglioramento del prezzo delle materie prime. Ma i mercati emergenti non sono ancora fuori pericolo. I timori di un atterraggio duro della Cina in questi ultimi mesi stanno diminuendo così come è stato evitato un generale deprezzamento, almeno per ora. Ma non ci sorprenderebbe vedere di nuovo un aumento delle preoccupazioni circa la sostenibilità dell’attuale ripresa.
Del resto, la presenza di numeri sulla crescita fittizi, prezzi delle case in rapido aumento e la crescita repentina del credito non sono certo indicatori rassicuranti ed è probabile che si inneschino ulteriori timori circa la reale situazione dell’economia cinese.