L’ex premier Massimo D’Alema, divenuto simbolo della vecchia guardia del Pd rottamato da Matteo Renzi, affonda nuovamente gli artigli sul segretario e presidente del Consiglio: “Voterò no al referendum di ottobre”, annuncia D’Alema in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera. Non molti giorni fa un retroscena gli metteva in bocca la frase “voterei anche Lucifero pur di mandare Renzi a casa”.
Renzi, che ha condotto una campagna elettorale in sordina per le amministrative, ha legato all’esito del referendum costituzionale la sopravvivenza del governo. “È stato un gravissimo errore personalizzare in chiave plebiscitaria il referendum”, dice D’Alema, invitando il premier a restare in carica, quale che sia il risultato di ottobre. Eppure gli attacchi sferrati all’ex sindaco di Firenze non mancano neanche in questo caso: il Pd “è tutto puntato sul leader e il suo entourage, neanche collaboratori. Renzi non convoca la segreteria, che pure è un organo totalmente omogeneo. Si riunisce solo con un gruppo di suoi amici”, denuncia D’Alema. E le direzioni del partito? “Sono momenti di propaganda”, afferma l’ex premier, “il capo fa lunghi discorsi, cui seguono brevi dichiarazioni di dissenso; poi parlano una cinquantina di persone che insultano quelli che hanno dissentito. Non c’è ascolto, non c’è confronto. Non esiste la possibilità di trovare convergenze o accordi”.
La sconfitta che il Pd ha incassato alle elezioni amministrative, secondo D’Alema, ha un chiaro responsabile: Renzi e la mutazione genetica che ha operato sul partito:
Lui non si è limitato a rottamare un gruppo dirigente; sta rottamando alcuni milioni di elettori. […] Più della metà degli astenuti sono elettori Pd. Un tempo, quando cresceva l’astensione, vincevamo: perché avevamo un elettorato attivo, per spirito civico e per il legame con il partito. Oggi questo legame si è spezzato.
L’interpretazione del presidente del Consiglio è stata del tutto opposta: prima con la minaccia del “lanciafiamme” sulle correnti del partito, poi con il “non ho rottamato abbastanza”, la linea del premier resta fortemente avversa alle opposizioni interne. D’Alema, invece, invita Renzi a cambiare del tutto strategia:
Renzi dovrebbe cambiare. […] Com’è noto, è convinto di essere il Blair italiano. Ma Blair si circondò del meglio del suo partito, non di un gruppetto di fedelissimi. Blair prese il principale avversario, Gordon Brown, e lo fece cancelliere dello scacchiere. […] Blair era intelligente: capiva che doveva mettere insieme forze tradizionali con forze nuove in grado di attrarre. Se per attrarre 5 ne cacci 10, come si sta facendo, il bilancio è meno 5”.