MADRID (WSI) – In Spagna tutto cambia per non cambiare nulla. Trascorsi sei mesi di tempo dalle ultime elezioni, il Partito Popolare si conferma la prima forza politica (al 29% dal 24%) di un paese che però rimane ingovernabile. Nonostante l’arrivo in testa del partito più vicino alle idee e misure chieste dalla troika dei creditori (Bce, Commissione Ue e Fmi), la vittoria non è abbastanza netta. Per trovare una guida che abbia la maggioranza parlamentare necessaria a governare al partito dell’ex premier Mariano Rajoy servirà stringere una coalizione con Ciudadanos. I 137 seggi ottenuti dal centro destra sono infatti meno dei 176 necessari per governare.
Un’altra possibilità è che il movimento di sinistra anti euro di Podemos (alleati di Izquierda Unida) e che come coalizione ha ottenuto il 20% dei consensi, si allei con il partito Socialista, che di voti ne ha ottenuti il 24%. Lo stesso leader di Podemos Pablo Iglesias ha detto che “da domani cercheremo di lavorare con il partito Socialista per verificare se ci sono possibilità di un governo di sinistra.
Dal momento che lo scenario non è tanto diverso da quello visto sei mesi fa, tuttavia, gli analisti sono in linea generale pessimisti sulla possibilità che si creino alleanze post voto e alcuni prevedono che si andrà a nuove elezioni, le terze in meno di un anno.
Secondo gli analisti di MPS Capital Services, i primi impatti sismici della Brexit si vedono anche dall’esito delle elezioni spagnole, come dimostra “il marcato arresto dell’ascesa di Podemos e l’avanzata del partito popolare di Rajoy. Rimane sempre difficile la costituzione di un nuovo governo, al punto che diversi commentatori non escludono un terzo voto”.
I partiti tradizionali hanno tentato di usare la vittoria del fronte del Leave nel referendum sulla Brexit a loro vantaggio, per esorcizzare la dispersione del consenso e cercare di ottenere governabilità e convincere il popolo a non votare formazioni anti sistema. A giudicare dall’esito delle urne, il tentativo è riuscito.
Allo stesso tempo non va tralasciato il fatto che in Spagna anche i partiti di sinistra o di destra anti sistema non si sognerebbero di lasciare l’Unione Europea. Insomma, 36 milioni e mezzo di spagnoli sono andati alle urne per rinnovare 350 seggi della Camera e 280 del Senato, senza però ottenere di fatto nulla di nuovo rispetto a sei mesi prima. Nel frattempo Moody’s ha rivisto in negativo l’outlook sul debito UK e ridotto il rating sull’Austria a Aa1 con outlook stabile.
In termini assoluti Podemos è il movimento che ha perso più voti, se si considera che senza l’estrema sinistra di Izquierda unida aveva preso sempre il 20%. A dicembre del 2015 i voti dei due partiti superavano il risultato dei socialisti, invece dopo l’emorragia di un milione di voti circa, i due partiti di sinistra si sono ritrovati con un risultato deludente a soli sei mesi di distanza. Un fattore che li costringe, se vogliono governare, a cercare di scendere a patti con il partito più tradizionale dei Socialisti.