Il voto a favore della Brexit ha spostato gli equilibri mondiali e i mercati hanno reagito di conseguenza. Ma l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea sarà davvero così disastrosa?
Stando alla visione più pessimistica, l’aumento della volatilità di mercato in Regno Unito impatterà sull’economia domestica e sulla volontà delle imprese locali di investire in futuro. Di conseguenza, nel breve termine è lecito aspettarsi una contrazione economica. Ne risentirà anche l’economia globale che stava già facendo fatica a creare una vera crescita economica. Inoltre, cambierà notevolmente anche l’influenza del Regno Unito a livello mondiale. Il distacco del Paese dall’Unione Europea probabilmente modificherà gli sviluppi geopolitici futuri, anche considerando che il Regno Unito è uno degli alleati chiave degli Stati Uniti in Europa.
Solo il tempo ci dirà se il rapporto USA-UK resterà lo stesso. In più, l’esito del voto britannico aumenta i timori nei confronti di altri referendum simili sulla permanenza nell’UE. Dopotutto, l’economia della Germania è relativamente solida e non ha bisogno dei tassi negativi e degli stimoli monetari della BCE, mentre quella dell’Italia sta arrancando e non sarebbe in grado di resistere a una ricapitalizzazione bancaria forzata. Come fa l’Unione Europea a rispondere a esigenze diverse con una politica monetaria unica che vada bene per tutti? Serve un forte impegno nei confronti dell’UE da parte dei Paesi membri. Impegno che richiede sacrifici. Visto che il Regno Unito ha appena voltato le spalle a questo impegno, verrà seguito da altri Paesi? Se così fosse, il destino dell’Unione Europea verrebbe messo a dura prova.
L’esito del referendum può, però, essere osservato anche da un altro punto di vista. E se non fosse poi così catastrofico? La stampa etichetta la Brexit come un’altra “Lehman”, ma nessuna banca sta fallendo e, di conseguenza, il parallelo con il contagio finanziario di allora è inappropriato. Inoltre, il Regno Unito era già uno stato membro ai margini dell’Unione Europea che non ha mai adottato l’euro e la politica monetaria dell’Eurozona. Anzi, il deprezzamento recente della sterlina potrebbe fungere da stabilizzatore economico a sostegno della crescita economica, grazie a esportazioni più competitive e beni domestici più convenienti rispetto alle importazioni dall’estero. Passare dal referendum all’uscita effettiva implicherà un processo molto incerto che durerà per circa due anni prima di essere finalizzato. Grazie a queste tempistiche, i business avranno molto tempo per rivedere le loro strategie ed adattarle ai nuovi accordi di scambio.
Infine, questo avvenimento potrebbe fornire il catalizzatore verso risposte fiscali migliori, dato che le politiche monetarie straordinarie hanno indebolito i mercati. Di conseguenza, nonostante la reazione iniziale, è ancora possibile un esito di lungo termine più costruttivo.
Su una cosa son tutti d’accordo. È innegabile, infatti, che i trend populisti stiano crescendo in tutto il mondo e che questo crei un futuro più incerto e di messa in discussione dello status quo. Una crescente incertezza sia globale che interna rende gli investimenti di lungo periodo più sfidanti.
Cosa monitorare nel post-Brexit?
Bisogna fare attenzione al continuo rafforzamento del dollaro e a qualsiasi potenziale reazione della valuta cinese ad esso, in quanto sintomatico dell’avversione al rischio sui mercati globali. Nel dettaglio, la valuta cinese è ancora ampiamente ancorata a quella statunitense e l’economia della Cina ha ancora bisogno di stimoli monetari. Di conseguenza, quando il dollaro si apprezza a livello globale, solleva notevoli venti contrari per l’economia della Cina. Pechino è costretta a svalutare leggermente la divisa per proteggere la competitività su scala mondiale. Le svalutazioni del renmimbi hanno preceduto i periodi di avversione al rischio sia ad agosto dello scorso anno che a febbraio di quest’anno, per via dei timori che la Cina stesse esportando forze deflazionistiche nel resto del mondo. Da qui in avanti, sarà dunque importante monitorare attentamente i continui apprezzamenti del dollaro e le eventuali corrispondenti svalutazioni del renmimbi, in quanto potrebbero nuovamente rappresentare il catalizzatore per ulteriori correzioni ribassiste.
Infine, per quanto riguarda le Banche Centrali, ci aspettiamo che continuino a intervenire per sostenere gli attuali livelli di mercato. Attenzione, però, alla loro crescente impotenza. Il ridotto grado di efficacia delle azioni delle Banche Centrali può rivelarsi doloroso nel breve termine, ma alla fine potrebbe incentivare maggiori riforme strutturali e interventi sul fronte fiscale, con benefici per la prosperità economica di lungo periodo. In ogni caso, l’importante è non credere ai sondaggi! Sondaggisti ed esperti sono stati presi alla sprovvista dal successo di Trump nelle primarie statunitensi e, in modo simile, sono risultati impreparati anche nei confronti del referendum britannico. L’impensabile sta ripetutamente diventando realtà.