ROMA (WSI)- Ha pochissimi precedenti storici la decisione di Poste Italiane a all’indomani della Brexit di sospendere in via prudenziale ogni operazione di acquisto e vendita di sterline. Una situazione che ricorda il 1992 quando la lira si svalutò del 20% e assieme alla sterlina uscirono dallo SME, il Sistema Monetario Europeo. Ma ricostruiamo bene i fatti per capire cosa sia successo oggi, nel 2016.
Con i suoi 13mila sportelli sparsi su tutto il territorio nazionale, Poste Italiane si conferma “la banca” più diffusa in Italia, usata non solo da clienti italiani ma anche da vacanzieri e turisti che cambiano le loro banconote in euro per le migliori condizioni praticate. Un utilizzo delle Poste spinto anche dal fatto che per piccoli importi non occorre prenotare in anticipo il ritiro, nè essere clienti di BancoPosta. Un servizio dunque conveniente, almeno fino a quando venerdì 24 giugno, il giorno dopo il referendum sulla Brexit che ha decretato l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, da Poste arriva una contromossa a sorpresa.
Chi si è recato quel giorno a uno sportello per acquistare o vendere sterline si è trovato sbattuto la porta in faccia. Da Poste dichiarano che si è trattato di una sospensione prudenziale decisa per la sola giornata del 24 giugno ma in realtà è ancora in vigore, almeno fino a ieri 29 giugno – come riporta un articolo de Il fatto Quotidiano – visto che recatosi all’ufficio centrale delle Poste di Milano, alla richiesta di acquisto di sterline la risposta è stata negativa “poiché il servizio di cambio euro-sterlina è stato sospeso a tempo indeterminato e non si sa quando verrà ripristinato”.
Da Poste si nascondono sotto lo scudo della prudenza necessaria nel post Brexit.
“Più che un eccesso di prudenza, una vera follia: per evitare di subire qualche perdita a causa dell’elevata volatilità del cambio, Poste Italiane avrebbe potuto aumentare il differenziale in acquisto e in vendita rispetto e magari porre un limite massimo agli importi delle transazioni, anziché sospendere il servizio nel periodo dell’anno in cui i flussi turistici e le vacanze studio all’estero raggiungono il picco”.
Fonte: Il Fatto Quotidiano