ROMA (WSI) – Riuscirà l’Italia a fare un suo “Italian Job” e a riprendersi il proprio paese, così come ha fatto il Regno Unito?
Sorpresa o anche choc. E’ stato quanto hanno provato i cittadini europei nelle ore e nei giorni successivi alla decisione storica del Regno Unito di dire addio all’Unione europea. “Il referendum Brexit è riuscito a far saltare diverse porte – fa notare nel suo articolo Danielle DiMartino Booth, esperta di economia, di mercati finanziari e dei legami tra banche centrali e politica, grazie alla sua esperienza nel mondo dell’alta finanza a Wall Street, ma anche presso le stesse banche centrali.
Italia stremata, tradita due volte
DiMartino, conosciuta anche per aver lanciato un allarme sulla formazione di una bolla nel mercato immobiliare negli anni 2000, riprende alcune battute che hanno fatto la storia del cinema per spiegare le condizioni in cui versa soprattutto l’Italia. Il riferimento è, appunto, al film “The Italian Job”.
“Ci sono due tipi di ladri in questo mondo: quelli che rubano per arricchire le loro vite, e quelli che rubano per definire le loro vite”. In tal senso, “è possibile che l’italiano medio che lavora si sente come se fosse stato vittima di entrambi i tipi di furti, tradito due volte? ‘Basta’! Gli italiani urlano con senso di sfida: “Quando è troppo, è troppo!”
Tanto che l’esperta DiMartino si chiede se l’Italia possa fare “un lavoro proprio”, un suo vero “Italian Job”, seguendo l’esempio del Regno Unito.
Quel report di Merrill Lynch che parla chiaro
DiMartino va avanti e fa riferimento al report che venne diffuso da Merrill Lynch nel 2012, quando sembrava imminente il momento in cui la Grecia avrebbe lasciato l’Unione europea, fuggendo dal giogo dell’euro attraverso la svalutazione della dracma. In quel report, Merrill Lynch fece una classifica dei paesi che più di tutti avrebbero guadagnato economicamente da un eventuale addio all’euro.
“Immaginare chi era in cima alla lista?” . L’Italia. Così DiMartino: “Più delle sue rivali, l’economia italiana ha sofferto da quando ha aderito all’euro nel 1999. E dal 2007, la sua economia si è contratta del 10% e ha sofferto non una, non due, ma tre recessioni. La crescita competitiva sostenuta dalle esportazioni (degli anni pre-adozione dell’euro) – è stata profondamente danneggiata, con l’Italia che è praticamente finita nel giogo della grande economia della Germania.
Come la Germania ha messo KO l’Italia con l’euro
Nonostante l’ascesa della Cina, la Germania è riuscita a mantenere il suo posto nella lista dei tre paesi esportatori più importanti al mondo. L’arma segreta? L’euro. Nel 1998, l’anno precedente all’adesione della Germania all’euro, il paese esportava $540 miliardi. Entro il 2015, quel numero era lievitato a $1.300 miliardi. Anche le esportazioni italiane sono cresciute, ma non in modo così robusto, visto che lo scorso anno si sono attestate a $459 miliardi, rispetto ai $242 miliardi dell’anno precedente l’adozione dell’euro”. Il punto, insomma, è che se nella Germania ci fosse ancora il marco, Berlino dovrebbe fare i conti con una “valuta decisamente più forte e dunque con esportazioni sostanzialmente minori, dal momento che il prezzo dei suoi beni e servizi esportati sarebbe molto più elevato per i mercati globali”.
L’articolo elenca i drammi dell’Italia da quando il paese ha abbandonato la lira, e anche dalla crisi che ha messo KO l’economia mondiale:
- una capacità industriale decimata, in calo del 15%. Per fare un esempio, nel 2007 – dunque quando l’euro era stato già adottato – l’Italia produceva 24 milioni di elettrodomestici; entro il 2012 il totale si era praticamente dimezzato a 13 milioni.
- Per non parlare della piaga della disoccupazione, con il tasso salito oltre il 12% e quattro giovani italiani su dieci che non hanno un lavoro.
- Le banche italiane sono tra l’altro le più deboli del Continente con crediti deteriorati nei bilanci che ammontano all’equivalente in dollari di $408 miliardi. Come se non bastasse, “gli investitori valutano tali prestiti 20-30 centesimi di dollaro, se garantiti, e fino a 5 centesimi se non garantiti, a fronte dei 50-65 centesimi di dollaro valutati dalle banche.
Il dramma immigrazione
DiMartino affronta anche un altro problema che sta seminando rabbia tra gli italiani.
“La speranza, di cui ha parlato in modo diplomatico David Rosenberg, responsabile economico e strategist di una tra le società di gestione patrimoniale tra le più importanti in Canada, Gluskin Sheff, è che la Brexit si confermerà ‘una sveglia per quei cambiamenti lungamenti attesi in Unione Europa, che renda il blocco più democratico, meno burocratico e disciplinato da regole sull’immigrazione che non sacrifichino la sicurezza dell’area”.
Così l’autrice dell’articolo:
“Le preoccupazioni sulla sicurezza sollevate da Rosenberg sono più che giustificare nel caso dell’Italia. Stando all’ultimo conteggio della Guardia Costiera Italiana, i 3.324 immigrati che sono stati salvati lo scorso 26 giugno hanno portato il numero degli immigrati che sono stati salvati in appena quattro giorni a 10.000. Quattro giorni! La calma in mare ha scatenato nuove ondate di migranti, portando il totale degli arrivi di quest’anno a 66.000. Dalle stime si evince che 10.000 migranti arriveranno ogni settimana fino alla fine dell’anno. Dunque qualcosa come 300.000, in totale, nel 2016. La facilità con cui i migranti riescono ad attraversare i mari per arrivare in Italia significa che il paese riceve un flusso 13 o 14 volte quello della Turchia e della Grecia. E vi chiedere il motivo per cui gli italiani siano esausti?”.
Il dramma delle banche
La conclusione dell’articolo non è affatto confortante:
“Qualcosa come il 58% degli italiani stava già chiedendo un voto per il referendum in stile Brexit. Se gli elettori sono arrabbiati oggi, immaginate quanto saranno ancora più arrabbiati se la Brexit farà scivolare l’Europa in recessione”. Una “recessione che Draghi non sarà capace di combattere, visto che le sue misure di stimolo vanno già a pieno regime (…) Brexit ha abbassato le probabilità che il governo Renzi duri fino a ottobre, quando sarà indetto il referendum costituzionale“. E comunque, “anche se Renzi dovesse rimanere, il futuro dell’Italia in Ue appare a rischio. Il collasso dei titoli bancari nei giorni di contrattazioni successivi la Brexit ha creato una crisi immediata. Entro 72 ore dai risultati del voto, si sono rincorsi rumor su un piano di salvataggio del sistema bancario italiano del valore di 40 miliardi di euro. Si parlava di una ricapitalizzazione diretta delle banche, finanziata da un’emissione di bond. Ma gli italiani stanno chiedendo anche una sospensione delle regole del bail-in, vietata dalle regole esistenti dell’Ue. E’ vero che le probabilità che alla fine quelle regole vengano sospese, alla fine sono piuttosto elevate.